UN 26 GENNAIO TEMPORALESCO SU PARTE DEL CENTRO-NORD: UNA NORMALE GIORNATA INSTABILE, TIPICA DI INIZIO PRIMAVERA, NEL CUORE DELL’INVERNO
UN 26 GENNAIO TEMPORALESCO SU PARTE DEL CENTRO-NORD: UNA NORMALE GIORNATA INSTABILE, TIPICA DI INIZIO PRIMAVERA, NEL CUORE DELL’INVERNO
Temporali, piogge a carattere di rovescio o di nubifragio e grandine di piccole dimensioni. Sono state queste le condizioni atmosferiche che hanno accompagnato il risveglio degli abitanti del basso Piemonte, della bassa Lombardia, di parte dell’Emilia e della Liguria e, a seguire, la mattinata in Toscana, Umbria e Marche. Anche se il calendario ci dice che siamo nella terza decade di gennaio e la climatologia ci informa che proprio questa decade è statisticamente la più fredda dell’anno insieme alla prima di febbraio, l’atmosfera ci fa invece sapere che si trova oltre e che ha già i prerequisiti per comportarsi come se fossimo a marzo o ad aprile. Il passaggio temporalesco e l’intensità delle precipitazioni che abbiamo visto testimoniano infatti che c’era una bella dose di energia per dar luogo alla formazione di cumulonembi, cioè di quelle nubi a sviluppo verticale da cui si originano i fulmini e questo tipo di idrometeore.
Per liberare questa energia è stata appena sufficiente una piega depressionaria del campo di altezza di geopotenziale in quota, proprio in prossimità del Nord-Ovest italiano, nel settore avanzante delle tese correnti occidentali che stanno accompagnando l’avvicinamento della nuova intensa figura di bassa pressione alle Isole Britanniche (fig. 1, a sinistra). Osservando un particolare della situazione in quota, si apprezza l’incisività del piccolo cavo d’onda in ingresso sul Golfo Ligure nelle prime ore di questa mattina e la predisposizione delle isoipse a divergere – insieme al flusso – sul lato ascendente del medesimo cavo (frecce nere) per dar così forma ad un’area piuttosto ristretta caratterizzata da marcata vorticità ciclonica: in parole povere, in questo settore l’atmosfera aveva acceso una sorta di aspirapolvere per risucchiare l’aria mite e umida con il minimo sforzo (fig. 1, a destra).
Tra l'altro, la disposizione delle correnti in quota a circa 5500 metri ben inquadra la torsione a cui è andata incontro la massa d’aria in transito sulla verticale delle regioni sopracitate, dando origine proprio a moti verticali decisamente intensi per il periodo (fig. 2, a sinistra): stime da modello suggeriscono che le velocità verticali abbiano addirittura superato i 30-32 hPa all’ora e quindi abbiano sicuramente raggiunto un valore favorevole all’innesco e allo sviluppo di strutture temporalesche che si sono rivelate di tutto rispetto per essere gennaio.
Inserita in un contesto molto mite, caratterizzato da temperature mattutine tra i 6 e i 10 °C sopra la media stagionale (fig. 2, a destra), la dinamica temporalesca ha così avuto modo di sostenersi grazie al surplus di calore presente nei bassi strati non solo sul mare, ma soprattutto sulla terraferma: è questo l'aspetto peculiare che rende questo evento piuttosto estraneo a questo periodo dell’anno. In tutto, si stima che siano caduti oltre 12000 fulmini, di cui circa 7000 in due ore tra Toscana e Umbria tra le ore 10 e le ore 12 (fig. 3). A questo aspetto aggiungiamo poi, per completezza, le nevicate sull’arco alpino cadute a quote di montagna nel periodo in cui, fino a qualche decennio fa, era decisamente più probabile vedere la neve cadere fino in pianura in Val Padana e a quote basse sull’Appennino.
Perché queste situazioni? Perché manca il freddo e l’inverno non svolge il proprio compito. Salvo sprazzi di normalità che sperimentiamo tra l'apertura e la chiusura di brevi parentesi, viviamo stagioni invernali spesso mascherate di autunno o di primavera.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera