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Nevicherà? Quota neve e metodi pratici di previsione

Nevicherà? Quota Neve e metodi pratici di previsione

La linea della quota neveNel raccontare come nasce un fiocco di neve e quale può essere la sua storia successiva durante la sua caduta nel tentare di raggiungere il suolo, cerchiamo di affrontare quali possono essere dei motodi pratici nell'intento di stimare la quota neve. Un intento difficile, per le numerose variabili in gioco, per i metodi approssimati utilizzabili e per la sensibilità che caratterizza il fenomeno: basta ad esempio un 1°C per innalzare di 200 metri il limite della neve e quella che doveva essere una nevicata viene "rovinata" da una trasformazione in pioggia.

La quota neve è definita come la quota oltre la quale la precipitazione è formata da neve per il 90%. Inoltre è chiaro che si deve avere una conoscenza complessiva dello scenario atmosferico che si prevede su una determinata zona (avvezioni, configurazioni bariche al suolo e in quota, caratteristiche climatiche della località di interesse, eccetera).

A questo si aggiungono alcuni metodi operativi utilizzabili tenendo presente che la loro validità non solo è approssimativa, ma anche non assoluta, nel senso che valgono di più in certi luoghi e meno in altri (alcuni metodi sono stati "tarati" negli USA o in Canada ad esempio).

Metodo degli spessori

Si basa sulla valutazione, mediante radiosondaggi e/o mappe previsionali, dello spessore tra varie superfici isobariche. Ricordiamo che una superficie isobarica è una superficie in cui in ogni punto si ha la stessa pressione atmosferica. Quello che cambia è la quota alla quale si ha tale pressione. Sappiamo anche che la variazione di pressione con la quota è più intensa nell'aria fredda (perché è più pesante e quindi ci si toglie più "zavorra" salendo di quota). Pertanto più l'aria tra due superfici isobariche è fredda, più le stesse sono vicine tra loro. Insomma, aria più fredda = spessori più stretti. Si tratta di un metodo poco attendibile, perché non tiene conto di eventuali stretti strati caldi ma significativi, né di eventuali inversioni termiche o cuscinetti freddi come spesso avviene in Valpadana. A titolo d'esempio riportiamo in tabella i valori limite proposti dal NWSO di Springfield:

Superfici isobariche (hPa)Spessore (m)
1000-5005400
1000-7002840
1000-8501300
850-7001540
850-5004100
700-5002560

Per avere un'alta probabilità di neve tutti gli spessori rilevati devono essere inferiori ai valori riportati, per ogni coppia. Tuttavia ci sono situazioni particolari che necessitano di alcune modifiche, come nel caso di zone montagnose (dove lo spessore limite può essere aumentato) o in Pianura Padana, dove per lo spessore 1000-850 hPa è più attendibile prendere come riferimento uno spessore di 1290 o 1295. L'attendibilità della previsione come neve è aumentata se tutti o la maggior parte dei punti della seguente checklist fornisce risposta affermativa, in analisi o come previsione:

- T < 1.7°C?
- Quota zero termico (rispetto al suolo) < 365 m?
- T850 < 0°C?
- T700 < -4°C?
- T tra 365 m e 700 hPa < 0°C?
- esiste uno strato tra la superficie e la 700hPa in cui T-Td = 5°C?
Ricordiamo che la Td è la temperatura di rugiada (o dew point).

Metodo dello strato caldo e dello strato freddo

In aggiunta al precedente, è utile qualora si individui uno strato a temperatura positiva. In questo caso la previsione tende a confermare la neve se lo spessore dello strato caldo < 90 metri oppure se la sua temperatura < 1°C. Pioggia mista a neve se lo spessore è tra 90 e 365 metri oppure la 1°C < T < 3°C. Solo pioggia se lo spessore > 365 metri oppure la T > 3°C.
A questo punto se il fiocco si è sciolto, un eventuale strato freddo a temperatura negativa non lo farà riapparire e avremo a che fare con pioggia o pioggia congelantesi. Se però il fiocco ha almeno in parte resistito, lo strato freddo contribuirà a mantenerlo.

Metodo dell'intensità della precipitazione

Più è intensa la precipitazione, maggiore è in genere sia la velocità di caduta dei fiocchi che la loro dimensione. In entrambi i casi aumenta lo spessore che la neve riesce ad attraversare. Anche fusione ed evaporazione sono maggiori, nel senso che c'è più "materiale" da fondere ed evaporare, cosa che contribuisce ad abbassare sia la temperatura del fiocco che dell'aria circostante. Ecco quanto si può sottrarre alla quota dello zero termico per ottenere la quota neve in base all'intensità:

Abbassamento quota (m)Intensità
200-300Debole
300-500Moderata
500-1000Forte
> 1000Rovesci e temporali
 
Si possono definire spessori più "fini" con intensità intermedie tra quelle indicate. Resta il fatto che il limite di questo metodo è l'intensità di precipitazione che varia nel tempo ed è difficile comunque da prevedere, specie su zone ristrette. Inoltre non tiene conto di eventuali cuscini freddi, né di avvezioni calde in arrivo. Quindi anche in questo caso conviene decidere abbinando il tutto ai metodi precedenti.

Metodo della temperatura pseudopotenziale a 850hPa

Detta anche temperatura potenziale equivalente, è la temperatura che avrebbe una particella d'aria che, tramite il sollevamento, dopo aver esaurito il calore latente di condensazione, venisse riportata alla quota di 1000 hPa seguendo l'adiabatica secca. Viene indicata con l'abbreviazione Tp oppure Theta-E ed è un importante parametro per determinare la stabilità di una massa d'aria. In pratica prendiamo una massa d'aria umida e la muoviamo verso l'alto, nel nostro caso partendo dalla superficie isobarica di 850 hPa; fin quando non diverrà satura (umidità relativa del 100%) essa si raffredderà con un tasso pari a circa 1°C ogni 100 m (gradiente termico adiabatico secco). Una volta raggiunta la saturazione, il tasso di raffreddamento sarà mitigato dal calore liberato durante la condensazione del vapore (calore latente di condensazione); esso corrisponde al gradiente termico adiabatico saturo ed è pari a circa 0,6° ogni 100 m. Quando la massa d'aria in questione avrà condensato tutto il vapore, si immagini di portarla alla quota del suolo (fissata, per convenzione, a 1000 hPa). Il riscaldamento che subirà durante tutta la discesa avverrà solo secondo il tasso del gradiente adiabatico secco (circa 1 °C ogni 100 m) e la temperatura che avrà alla fine del processo corrisponde alla temperatura potenziale equivalente. Ecco la tabella che mette in relazione la quota neve al livello del mare in funzione della Theta-E a 850 hPa:

Theta-E (°C)Quota Neve (m, slm)
120
15250
18500
21750
241000
271250
301500
362000

La Theta-E a 850 hPa può essere ricavata dai modelli matematici, come ad esempio in questa nostra mappa WRF. La quota neve indicata in tabella si ricava dalla formula:

QN = 10 * (Theta-E - 12) / 0,12

ottenendo la quota neve espressa in metri. Ad esempio se dalla mappa otteniamo una Theta-E a 850 hPa di 25°C, la QN = 1083 m sul livello del mare.

Metodo della temperatura di bulbo umido al suolo, Tw

Quando misuriamo la temperatura con un normale termometro, lo facciamo con il termometro posizionato a contatto con l'aria, opportunamente schermato nella nostra stazione meteo (possibilmente secondo le linee guida WMO... ). Il bulbo del termometro è tenuto all'asciutto (bulbo secco). Se invece teniamo il bulbo avvolto in una garza che pesca in una vaschetta contenente acqua, per capillarità l'acqua imbeve la garza circondando con un velo di liquido il bulbo (bulbo umido). Ora la temperatura che otteniamo è diversa, perché l'evaporazione dell'acqua raffredda il bulbo e questo tanto più quanto più è veloce l'evaporazione, che a sua volta aumenta tanto più l'aria è secca. Questo parametro tiene dunque conto del raffreddamento dovuto all'evaporazione (o sublimazione) della precipitazione. Si stima la quota neve rispetto al suolo è data dalla formula:

QN = 10 * (Tw - 1) / 0,06

Esempio: ci troviamo a 400 metri di quota e misuriamo una Tw di 2°C. Abbiamo una quota neve rispetto al suolo di circa 166 m e quindi 566 m sul livello del mare. E' evidente che, di fatto, alla quota della località si avrà neve praticamente certa purché Tw sia prossima allo zero. Tuttavia ciò non tiene conto del fatto che la precipitazione eventualmente prevista potrà ancora cambiare le carte in tavola, grazie al raffreddamento dovuto alla fusione, specie se la precipitazione è intensa. Tale circostanza è contemplata nel successivo metodo dei calori latenti.

Metodo dei calori latenti

Fissiamo la quota in cui la Tw = 0 (che si indica con WBZ, wet bulb zero) come quota di neve certa. Poi si calcola la quantità di precipitazione necessaria per portare a 0°C la temperatura media Tm dello strato caldo con la formula:

Prec = Tm * Δp / 19,3
 
Esempio: ci troviamo come prima a 400 metri di quota e troviamo che la WBZ si trova a 900 metri, mentre lo zero termico è a 1200 metri. Intanto osserviamo che la precipitazione si mantiene nevosa (anche) per sublimazione fino ai 900 m, dove appunto abbiamo la Tw = 0. Supponiamo ora che la Tm dello strato caldo (che ha uno spessore di 500 m, perché ci interessa a partire dalla WBZ) sia di 2°C. Poiché 500 metri sono circa 50 hPa, la formula ci dice che la quantità di precipitazione necessaria per il raffreddamento da fusione (che ora è il fenomeno preponderante) è pari a 2 * 50 / 19,3 = 5,18 mm. Quindi se sono previsti più di 5 mm di precipitazione, è lecito aspettarsi che la neve possa riuscire ad arrivare fino al suolo (che nel nostro esempio è a 400 m). Questo metodo non tiene conto però dell'intensità, cioè dei mm all'ora, ma solo della quantità "finale". Inoltre la WBZ, come la Tm possono cambiare nel tempo e il tutto è fortemente vincolato alla previsione della precipitazione.



Per approfondimenti ulteriori consigliamo la neve. Cos'è e come si prevede:

Dettagli prodotto

Copertina flessibile: 232 pagine

Editore: Alpha Test (6 ottobre 2009)

Collana: MeteoLingua: Italiano

ISBN-10: 8848311989ISBN-13: 978-8848311984

Peso di spedizione: 458 g Buona lettura!




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