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CONSIDERAZIONI SUI RECENTI EVENTI ESTREMI: DAL CALDO ECCEZIONALE ALLE GRANDINATE DEVASTANTI

Scritto da Andrea Corigliano Sabato 29 Luglio 2023 11:00

CONSIDERAZIONI SUI RECENTI EVENTI ESTREMI: DAL CALDO ECCEZIONALE ALLE GRANDINATE DEVASTANTI

Circolazione atmosferica del periodo 9-25 luglio 2023Si è conclusa martedì 25 luglio una fase meteorologica che, iniziata domenica 9, è stata caratterizzata da un susseguirsi di dinamiche che hanno esaltato l’eccezionalità e l’estremizzazione degli eventi atmosferici. In altre parole, possiamo dire che in questi sedici giorni abbiamo visto e sperimentato che cosa vuol dire non essere interessati dalla figura dell’Anticiclone delle Azzorre, cioè da quel campo di alta pressione di natura subtropicale oceanica che durante la stagione estiva dovrebbe estendere la propria influenza alle nostre latitudini con una certa regolarità. Senza la protezione offerta dalla sua ala destra, il Mediterraneo diventa campo di conquista da parte degli altri protagonisti del tempo che fanno parte del palcoscenico europeo: il Ciclone d’Islanda e il promontorio nord africano in quota con le rispettive masse d’aria dalle caratteristiche termodinamiche diametralmente opposte. È proprio a causa di questa netta opposizione che si sviluppano le condizioni affinché gli eventi meteorologici possano esasperarsi e quindi raggiungere intensità così insolite da essere etichettati, dal punto di vista climatologico, come «marcatamente anomalo» o addirittura «estremo».

Tra alti e bassi, l’Europa mediterranea e in particolare l’Italia centro-meridionale sono state interessate da un’onda di calore di notevole intensità non solo per le elevate temperature che hanno caratterizzato il trasporto della massa d’aria proveniente soprattutto dall’entroterra sahariano, ma anche per la stazionarietà che ha avuto questa situazione ben inquadrabile in un disegno di blocco (fig. 1, a sinistra). Per oltre due settimane, infatti, la posizione delle figure bariche a grande scala ha visto la persistenza di un’ondulazione in quota formata da una circolazione ciclonica sul Mar di Norvegia e da una circolazione anticiclonica sull’Algeria. Da una simile dislocazione dei due centri motore hanno così preso il sopravvento gli scambi meridiani, con aria fresca nord atlantica che si è mossa verso sud e aria subtropicale che ha percorso il cammino inverso per raggiungere proprio il Mediterraneo centro-occidentale: l’impronta di questa evoluzione è resa ben visibile dall’anomalia positiva di temperatura che tra le nostre due Isole Maggiori e l’entroterra algerino e tunisino ha raggiunto il valore medio – calcolato su sedici giorni – di ben 7-8 °C (fig. 1, a destra).

Anche dalla disposizione dell’anomalia del campo termico si può notare la configurazione di blocco che si è venuta a determinare essendo stata la bolla di calore chiusa, come se compressa da una morsa, tra due aree con anomalia termica negativa ma di intensità inferiore: una sull’area atlantica e una sulla Russia occidentale. Le condizioni atmosferiche che abbiamo osservato in più di due settimane sono state una conseguenza della situazione meteorologica che si è quindi impostata a grande scala. Facendo dei distinguo, possiamo dire che le regioni centro-meridionali e in modo particolare il Sud hanno subito più direttamente l’influenza della rovente massa di aria calda subtropicale che ha raggiunto questi settori della nostra penisola con temperature anche ben superiori ai 25 °C a 850 hPa e che in prossimità del suolo, a circa due metri da terra, ha determinato come vedremo la caduta di numerosi record di caldo, relativi e assoluti. Una maggiore variabilità ha invece interessato il Nord Italia che si è trovato sul bordo settentrionale della cresta anticiclonica nord africana ed è quindi rimasto esposto, a più riprese, a infiltrazioni più o meno incisive di aria fresca e instabile di origine atlantica: la natura spesso violenta ed estrema dei fenomeni temporaleschi che ne sono scaturiti è stata quindi causata da un acceso contrasto termico che si è creato lungo una linea di confine sulla quale sono venute a fronteggiarsi, come detto, due masse d’aria dalla caratteristiche termodinamiche molto diverse tra di loro dal punto di vista fisico. È importante aver ben chiaro questo aspetto per capire, innanzitutto, che le spiegazioni sul perché degli eventi si cercano nelle dinamiche meteorologiche e che diventa sbagliato – perché poi si crea confusione – spiegare il tempo che ha fatto tirando in ballo il clima.

Affermare quindi che questi eventi si sono verificati a causa del «cambiamento climatico» non è propriamente corretto perché il tempo e il clima sono due entità diverse che agiscono su scale temporali diverse. Per parlare invece di «cambiamento climatico» e comprendere come quest’ultimo può arrivare a condizionare le dinamiche meteorologiche, il ragionamento passa da un’altra strada che percorreremo più avanti. Vediamo ora qualche dato per renderci conto dell’impronta lasciata sullo stato del tempo da questa fase meteorologica molto anomala, partendo dal comportamento della temperatura. In una situazione meteorologica che ha visto il caldo intenso abbracciare tra alti e bassi tutta l’area mediterranea centro-occidentale (fig. 2), si nota in particolare la persistenza e l’intensità che la bolla di calore ha avuto sulle nostre regioni centro-meridionali e le nostre due Isole Maggiori. Molte stazioni della rete di osservazione gestite da Arpa Sardegna e dal Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano (SIAS) hanno battuto in successione i record di caldo della loro serie storica e dove i record non sono stati battuti, come per esempio in Puglia, è stato significativo il numero consecutivo di giorni con temperature massime superiori o uguali alla soglia dei 35 °C, registrate soprattutto nelle aree interne (fig. 3). Tra le stazioni che conservano una memoria più lunga delle osservazioni del tempo passato, spiccano in particolare quelle gestite dall’ENAV e dall’Aeronautica Militare.

Lunedì 24 luglio 2023 la stazione di OBIA AEROPORTO (serie dal 1969) ha battuto, con una temperatura massima di 47.4 °C, il precedente record di caldo assoluto di 43.0 °C che era stato registrato appena cinque giorni prima, mercoledì 19 luglio: a sua volta, questo record subito stracciato batteva il precedente che, nell’agosto del 1999, raggiungeva i 42.8 °C. Il dato è significativo per tre motivi: innanzitutto perché sono passati pochi giorni tra il raggiungimento di un record assoluto e il suo nuovo superamento; in secondo luogo perché l’ultimo record assoluto ha superato di ben 4.4 °C il precedente e proprio per questo possiamo dire di essere di fronte a un valore aberrante dal punto di vista climatologico e, infine, perché questa temperatura ha battuto il valore di temperatura massima più elevata in assoluto registrata dalla rete di stazioni dell’Aeronautica Militare in quanto il precedente record, di 47.0 °C, apparteneva alla stazione di Foggia Amendola e venne registrato nel giugno del 2007.



Nello stesso giorno, il raggiungimento di nuovi record di caldo assoluti ha riguardato anche le seguenti stazioni:
CAGLIARI ELMAS (serie dal 1946) – Con una temperatura massima di 44.6 °C, viene superato di 1.0 °C il precedente record di caldo assoluto di 43.6 °C che era stato registrato nel luglio del 1983.
DECIMOMANNU (serie dal 1961) – Con una temperatura massima di 46.8 °C, nella stazione alle porte di Cagliari viene battuto il precedente record assoluto di 46.2 °C che è stato registrato il 19 luglio: il vecchio record, durato appena cinque giorni come nel caso di Olbia, superava il vecchio primato di 45.0 °C risalente al luglio del 2009.
CAPO BELLAVISTA (serie dal 1946) – Con una temperatura massima di 45.0 °C, nella stazione in provincia di Nuoro viene superato di ben 3 °C il precedente record di caldo assoluto di 42.0 °C che era stato registrato nel giugno del 1982.

Una menzione particolare merita poi la stazione meteorologica centenaria di PALERMO situata presso l’Osservatorio Astronomico dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), la cui serie storica inizia nel 1790 e al momento è stata digitalizzata dal 1865 ad oggi. In un comunicato stampa diffuso dallo stesso Istituto, si riferisce che nella giornata di lunedì 24 luglio 2023 il capoluogo siciliano ha registrato la temperatura massima più alta in assoluto almeno degli ultimi 158 anni: con un valore di 47.0 °C è stato così battuto il precedente record assoluto di 44.6 °C che era stato registrato il 10 agosto 1999 e poi uguagliato il 25 giugno 2007. Anche in questo caso è significativo far notare non solo la ristretta parentesi temporale intercorsa tra le due vecchie date in cui era stato registrato il vecchio primato considerando la lunga serie storica, ma anche che sono passati solo sedici anni – cioè un’inezia per le scale temporali del clima – per battere di ben 2.4 °C quel record. Sempre nel comunicato si legge che a dare ulteriore importanza all’onda di calore ha contribuito anche in questo caso la persistenza di temperature particolarmente elevate registrate consecutivamente: tre giorni con massime oltre i 40 °C (dal 22 al 24 luglio), sette giorni con massime oltre i 36 °C (dal 18 al 24 luglio) e ben diciotto giorni con massime oltre i 32 °C (dal 7 al 24 luglio).

Secondo l’INAF, si è trattato di una situazione che è stata di assoluta rilevanza per la serie storica della stazione almeno relativamente al periodo 1865-2023, in attesa di effettuare controlli partendo dal 1790. I dati appena presentati fanno emergere alcune peculiarità dell’onda di calore: la sua PERSISTENZA perché la sua durata sulle regioni centro-meridionali e in particolare al Sud e sulle due Isole Maggiori si è spinta fino 14-16 giorni e la sua INTENSITÀ. Su quest’ultimo aspetto è risultata significativa la lunga sequenza di temperature particolarmente elevate, il fatto che in alcune stazioni sia stato battuto consecutivamente un record assoluto di caldo a distanza di pochi giorni uno dall’altro e che il nuovo primato abbia staccato il precedente tra i 2 e i 4 °C, come è avvenuto nel caso di Palermo e di Olbia. Dal punto di vista statistico siamo di fronte a dati che fanno sicuramente riflettere perché evidenziano che l’onda di calore che si è verificata rientra nelle dinamiche del «cambiamento climatico», su cui si concentra la preoccupazione della comunità scientifica internazionale: è stato infatti dimostrato che in un clima globalmente sempre più caldo le onde di calore diventano più FREQUENTI, più INTENSE e più LUNGHE.

La diffusione di queste fasi meteorologiche, che in queste ultime settimane hanno interessato non solo l’area mediterranea ma anche Stati Uniti, Messico e Cina, ha indotto alcuni scienziati a effettuare uno «studio di attribuzione» per capire in che modo il cambiamento climatico di origine antropica abbia potuto apportare il proprio contributo al verificarsi di questi eventi (fig. 4). Dal recentissimo studio di Zachariah et al. pubblicato proprio in questi giorni è emerso che in tutte queste regioni un’ondata di calore come quella verificatasi in questo mese di luglio sarebbe stata significativamente meno calda se il nostro pianeta non si trovasse uno stato di cambiamento climatico di natura antropica: nel dettaglio, l’onda di calore sull’area mediterranea sarebbe stata più «fresca» di 2.5 °C, quella in America di 2 °C e quella in Cina di 1 °C. Se da un lato il grande caldo si è manifestato con temperature a lungo elevate e in molti casi eccezionali, dall’altro ha espresso le proprie potenzialità andando ad alimentare sul Nord Italia situazioni di maltempo anche molto severo, con la formazione di imponenti strutture temporalesche che hanno prodotto diffuse e rovinose grandinate anche di grosse dimensioni, violente raffiche di vento lineari (downburst) e due tornado: uno a Cernusco sul Naviglio nel milanese nella giornata di venerdì 21 luglio e un altro il giorno dopo tra Voltana e Alfonsine, nel ravennate.

L’intrusione, a più riprese, di aria fresca atlantica sul bordo settentrionale del promontorio nord africano ha infatti reso molto instabile l’atmosfera che ha trasformato il calore presente nei bassi strati in energia cinetica per sostenere la formazione di temporali, molti dei quali di tipo «supercella»: un calore presente nei bassi strati non solo in forma sensibile come testimoniato dalle temperature elevate, ma anche in forma latente come hanno indicato gli elevati tassi di umidità spesso superiori al 70% che hanno determinato temperature di rugiada anche maggiori di 25-26 °C e condizioni di marcato disagio bioclimatico. Ha contribuito alla costruzione di queste condizioni termo-igrometriche particolarmente ricche di energia anche una superficie marina che, proprio per la persistenza della fase stabile indotta dal promontorio nord africano, ha visto anch’essa un marcato aumento della propria temperatura (fig. 5): confrontando infatti i valori termici superficiali tra l’inizio e la fine dell’onda di calore emerge che in circa due settimane i mari centro-meridionali sono passati per lo più da 24-27 °C a 28-31 °C, raggiungendo così anomalie positive fino a 5-6 °C. Se un mare più caldo è in grado di fornire all’atmosfera maggior vapore acqueo e se una massa d’aria è in grado di incamerare più vapore acqueo all’aumentare della propria temperatura per la nota legge di Clausius-Clapeyron, possiamo allora comprendere come sul Nord Italia in particolare le condizioni atmosferiche abbiano potuto concentrare le massime potenzialità energetiche per dar vita, purtroppo, ai rovinosi fenomeni temporaleschi nel momento in cui il cedimento del promontorio nord africano ha permesso l’ingresso di correnti meridionali in scorrimento proprio sulla superficie del Mediterraneo. L’entità dell’energia potenziale che è stata messa a disposizione dei violenti temporali può essere immaginata nel momento in cui una buona parte di essa è stata convertita nelle correnti ascensionali (updraft) che hanno alimentato le numerose strutture temporalesche: sostenere infatti in quota chicchi di grandine che hanno raggiunto dimensioni ragguardevoli, con diametri anche di oltre 6-7 centimetri, significa che il temporale è stato alimentato da correnti particolarmente intense che hanno permesso ai chicchi di ingrandirsi a contatto con le goccioline di acqua sopraffusa (fig. 6): a tal proposito, basti per esempio pensare che affinché chicchi di 10 centimetri di diametro – come sono stati raccolti per esempio in Lombardia e in Friuli – possano galleggiare all’interno del cumulonembo è necessaria una corrente ascendente capace di raggiungere velocità prossime ai 160 chilometri orari.

L’eccezionalità degli eventi grandinigeni che si sono verificati sulle regioni settentrionali non ha riguardato solo l’estensione del fenomeno, ma anche le dimensioni delle strutture di ghiaccio cadute dal cielo tanto che, proprio su questo aspetto, secondo l’European Severe Storms Laboratory (ESSL) sono stati registrati due nuovi record europei. Il primo record è stato raggiunto nell’evento di mercoledì 19 luglio, quando a Carmignano di Brenta nel padovano è stato raccolto un chicco di grandine dal diametro di 16 centimetri. Cinque giorni dopo questo record è stato battuto durante la devastante grandinata che ha colpito il comune di Azzano Decimo, in provincia di Pordenone, nella giornata di lunedì 24 (fig. 7 a sinistra, foto di Marilena Tonin): su un chicco raccolto, a forma di ellissoide, il lato maggiore ha di poco superato i 19 centimetri e ha così posto questo «prodotto temporalesco» sul primo gradino nella scala delle dimensioni dei chicchi di grandine raccolti in Europa e al secondo posto di quelli raccolti nel mondo dal momento che, a scala planetaria, il primato spetta a un chicco dal diametro di 20.3 centimetri caduto il 23 luglio 2010 a Vivian, nel Sud Dakota. Se per quanto riguarda le onde di calore risulta ben chiaro alla comunità scientifica internazionale il fatto che in un clima globalmente più caldo a causa della deriva della concentrazione dei gas serra le onde di calore diventano più frequenti, più intense e più durature – e i dati lo dimostrano – è diverso riuscire a stabilire una relazione tra il cambiamento climatico e i fenomeni estremi come le violente grandinate perché queste ultime, a differenza delle onde di calore, si sviluppano su scale spazio-temporali molto più ristrette e quindi, anche in ottica di simulazione da parte di un modello climatico per captare un segnale sul possibile trend futuro, risulta difficile riuscire a fornire indicazioni sufficientemente attendibili.

Certo è che, se aumenta il carburante a disposizione delle strutture temporalesche che generano queste idrometeore perché aumenta il calore disponibile in una massa d’aria che a sua volta può incamerare più vapore acqueo, in linea di massima è logico supporre che in futuro si possa assistere anche a un aumento di temporali severi in grado di produrre grandinate di grosse dimensioni: una supposizione che troverebbe tra l’altro un primo riscontro proprio nella tendenza che, sempre secondo l’European Severe Storms Laboratory, è stata osservata negli ultimi 70 anni e dalla quale emerge per Il Nord Italia un aumento degli eventi con grandine dal diametro superiore ai 2 e ai 5 centimetri (fig. 7, a destra).

Anomalia delle temperature nel periodo 9-24 luglio 2023

Minime e massime registrate a Foggia e Lecce

Un istruttivo confronto climatologico

La temperatura della superficie del mare

La formazione della grandine

Il chicco di grandine di Azzano Decimo

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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera













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