ESPANSIONE DEL PROMONTORIO NORD AFRICANO: UNA NUOVA NORMALITÀ DEL MESE DI MAGGIO
ESPANSIONE DEL PROMONTORIO NORD AFRICANO: UNA NUOVA NORMALITÀ DEL MESE DI MAGGIO
Per quando sia ancora da definire nei dettagli l’espansione meridiana del promontorio nord africano sull’Europa occidentale all’inizio della prossima settimana, possiamo dire che in base agli aggiornamenti odierni siamo di fronte a un segnale che inizia a essere piuttosto robusto e quindi a uno schema sinottico che è ormai sulla strada di diventare probabile (figura 1-A).
Andremo quindi incontro alla prima estesa pulsazione dinamica dell’anticiclone subtropicale che seguirà una sua più modesta espansione diretta nei prossimi giorni verso l’area mediterranea, dove sperimenteremo le prime temperature massime di tipo estivo. Oggi ci chiediamo se questo tipo di situazioni meteorologiche, che come detto possono evolvere in configurazioni di blocco a «omega» nel caso in cui la figura di alta pressione diventi persistente almeno per circa una settimana, sia diventato una peculiarità dell’andamento del tempo di questo ultimo mese della primavera meteorologica: per rispondere a questa domanda dobbiamo confrontare la dinamica atmosferica del recente passato con quella della climatologia del trentennio 1961-1990.
Prendendo allora in esame l’ultimo trentennio (1991-2020) e calcolando l’anomalia media del geopotenziale a 500 hPa di questo periodo rispetto al clima di riferimento (figura 1-B), è evidente come sull’Europa occidentale la presenza di altezze superiori alla norma (segno +) indichi su queste aree un segnale che attesta una certa predisposizione della dinamica atmosferica a favorire questo tipo di ondulazioni. Se poi restringiamo l’orizzonte temporale all’ultimo ventennio (2001-2020), si apprezza una prima intensificazione del segnale (figura 1-C) che diventa ancora più robusto se limitiamo l’analisi all’ultimo decennio (2011-2020): in questo caso si nota infatti il netto incremento dei valori di anomalia positiva (figura 1-D) a testimoniare un certo aumento della frequenza ad avere un campo di geopotenziale a 500 hPa condizionato, in quest’area europea, da rigonfiamenti delle superfici isobariche a tutte le quote, segno inequivocabile dell’apporto di aria calda dalle latitudini subtropicali.
C’è una spiegazione a questo comportamento? Molto probabilmente sì ed è il rallentamento del flusso zonale, cioè di quel fiume d’aria che è responsabile del trasporto delle perturbazioni atlantiche, che scorre da ovest verso est e che nasce dal gradiente termico tra le alte e le basse latitudini.
Poiché questa differenza di temperatura si è ridimensionata in quanto le latitudini artiche si sono riscaldate di più rispetto a quelle medio-basse (figura 2), si è indebolita la spinta che questo flusso occidentale riceve proprio grazie a questo gradiente e di conseguenza nella sua evoluzione la corrente tende a ondularsi più spesso rispetto al passato.
Possiamo quindi dire che questa dinamica è legata al cambiamento climatico e la tendenza ad avere con una certa regolarità figure anticicloniche sull’Europa occidentale è uno degli aspetti con cui questo cambiamento si manifesta. Non tutto il pianeta sperimenta infatti in ugual misura le conseguenze del global warming, ma alcune aree chiamate «hot spot» – tra cui rientrano le nostre latitudini – sono più esposte a subire questo cambiamento: in questo caso, per esempio, uno degli effetti si manifesta con una certa tendenza ad avere una modifica sostanziale dello schema sinottico della circolazione atmosferica sul settore occidentale del nostro continente.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera