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Torrido o Afoso? Perché fa così caldo... quando fa caldo

Torrido o Afoso? Perché fa così caldo... quando fa caldo

Troppo caldo per lavorareTanti sono gli ingredienti che concorrono a definire e a determinare "che caldo fa". Oltre, naturalmente, a considerazioni soggettive (per qualcuno fa caldo già a 25°C, per altri se non fa più di 35°C non è "vera" estate...)

Ecco, a proposito di definizioni, un errore che specialmente i media commettono è quello di usare il termine torrido come sinonimo di caldo intenso. Invece tale termine ha un significato ben preciso e cioè caldo intenso sì, ma secco. In Italia è una condizione alquanto rara, circondati come siamo da tanto mare e con un territorio ricco di corsi d'acqua e vegetazione. Perciò da noi il caldo estivo è quasi sempre di tipo afoso, cioè un caldo accentuato dall'umidità... relativa (o RH).

Eh già perché un altro classico errore è quando, sempre i suddetti media, per mettere in risalto questa condizione climatica, comunicano temperatura e umidità insieme, ma riferiti a tempi diversi. Spieghiamoci meglio: sentiamo ad esempio dire che << a Roma picco del caldo-umido con 35°C e 80% di umidità >>! Ora, 35°C con (contemporaneamente!) l'80% di umidità sono condizioni tipiche delle foreste tropicali! In realtà: 35°C è magari la temperatura massima (registrata, per esempio, alle 15) mentre l'80% l'umidità (relativa) massima registrata però all'alba... I due dati non hanno nulla a che vedere per esprimere il caldo (anzi.. l'afa) perché sono presi in tempi diversi in quanto quando la temperatura aumenta l'umidità relativa diminuisce! Alle 15 con 35°C magari l'RH è stata del 40%...

Ricordiamo cos'è l'umidità relativa. L'aria è in grado di contenere fino ad una certa quantità massima di vapore acqueo. Oltre questo massimo il vapore condensa (nubi, nebbie, ...). Il rapporto tra la quantità di vapore presente e il massimo che l'aria può contenere è l'umidità relativa. Relativa, appunto, a questo massimo. Quindi per esempio se l'aria può contenere al massimo 1 grammo di vapore per metro cubo, se sono presenti 0,5 grammi di vapore l'RH sarà del 50%. Ma non finisce qui: questo limite massimo di vapore "contenibile" prima che condensi dipende dalla temperatura! Più l'aria è calda, più vapore può contenere prima della condensazione. Ecco perché se la quantità di vapore rimane la stessa, all'aumentare della temperatura l'RH diminuisce (aumenta il valore posto al denominatore del rapporto)!

Inoltre il nostro organismo non è sensibile alla quantità (assoluta) di vapore, bensì proprio all'RH! Questo perché più l'aria è vicina alla condensazione (RH elevato) maggiore difficoltà hanno i processi di evaporazione (il fenomeno opposto alla condensazione), in particolare riguardo al nostro sudore. Traspirando, la nostra pelle, con più difficoltà, si ha una sorta di "soffocamento" che è ciò che percepiamo come "afa". Quindi capite perché viene usata l'RH (e non la quantità assoluta di vapore) ed ecco perché va usata insieme alla temperatura registrata nello stesso momento? Non a caso sono stati definiti vari indici, detti di disagio, per esprimere tali condizioni.



Chiarito il ruolo dell'umidità riguardo alla nostra sensazione del caldo (abbiamo deliberatamente evitato l'uso del termine "percezione", altrimenti richiameremmo in causa la famosa diatriba sulla temperatura percepita...), concentriamoci ora sulla sola temperatura e cerchiamo di capire cosa contribuisce a raggiungere certi picchi anche molto elevati. A parte l'influenza micro-climatica locale (che può esaltare o attenuare certi effetti, basti pensare all'influenza del mare sulle coste, alla presenza di laghi o meno, ai rilievi, alla giacitura di una certa località, esposta più o meno a sud, che sorge magari dentro una conca o una vallata...) Sono essenzialmente 3 gli ingredienti che, se concorrono in contemporanea, possono far schizzare molto all'insù i termometri.

1) Riscaldamento sul posto. L'ingrediente più ovvio e sotto gli (ombrelloni) di tutti. Nei mesi estivi è massima l'intensità della radiazione solare perché apparendo la nostra stella più alta nel cielo, i suoi raggi arrivano meno inclinati e quindi più concentrati al suolo, scaldandolo di più. E come è noto l'atmosfera quasi totalmente viene scaldata dal basso (cioè il Sole riscalda il suolo che poi riscalda l'aria). Se poi i raggi solari incontrano terreni più brulli, con meno vegetazione, magari già in secca per via di una pregressa fase di siccità, i suoli si riscaldano ancora di più e giorno dopo giorno il calore in atmosfera tende ad accumularsi (anche il vapore...)

2) Avvezioni. Oltre al riscaldamento "in loco", fondamentale è l'arrivo di masse d'aria provenienti da altre zone. E' evidente che se queste masse d'aria sono in origine particolarmente "bollenti", se arrivano da noi, pur raffreddandosi un po' durante il viaggio, contribuiranno non poco al caldo. Le masse d'aria più calde sono quelle provenienti, manco a dirlo, dall'entroterra africano (da notare come si tratti di aria molto secca, in origine, che poi si umidifica attraversando il Mediterraneo).

3) Subsidenza. Concetto più complicato da capire, ma forse neanche tanto. Eppure è lo stesso importantissimo. Le condizioni atmosferiche molto soleggiate, sono anche, in generale, quelle in cui è presente un campo di alta pressione. Specie quando tale struttura è presente a tutte le quote, si ha un vortice (anticiclonico, quindi nel nostro emisfero in rotazione in senso orario) che letteralmente si "avvita" dall'alto verso il basso comprimendo l'aria verso gli strati più bassi dell'atmosfera. E come è noto quando l'aria viene compressa essa si riscalda. E più è potente l'anticiclone sotto il quale ci troviamo, più forte è tale compressione.

Questi dunque i 3 punti più importanti per capire il caldo che fa o che può fare, a cui come accennato prima si aggiungono tantissimi ingredienti "locali" che seppur minori, possono fare la differenza e anche molta. Ecco perché può esistere una grande discrepanza tra una località e l'altra, pur in presenza degli stessi ingredienti "base" principali che abbiamo approfondito. Non da ultimo l'effetto "isola di calore" delle città, in cui cemento ed asfalto contribuiscono non poco al calore che si può accumulare. Basti pensare che a parità delle altre condizioni, una città può registrare anche una temperatura maggiore di 2/3°C rispetto alle campagne circostanti...

diavolo di polvere in Arizona


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