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Cicloni Tropicali, Uragani e Tifoni

I cicloni che si formano sopra gli oceani tropicali si possono considerare tra i fenomeni meteorologici più violenti che si conoscano in natura. I venti che si formano all’interno di un ciclone di questo genere soffiano intorno a un’area centrale di calma chiamata “occhio” e possono toccare anche i 250 km/h ed in alcuni rari casi superare i 300 km/h.

Come per ogni depressione atmosferica, nell’emisfero Boreale i venti ruotano in senso antiorario, nell’emisfero Australe avviene il contrario. I cicloni tropicali che si abbattono nell’Oceano Pacifico settentrionale e in Giappone vengono chiamati “Tifoni”, a Nord dell’Oceano Indiano “Cicloni”, in Australia talvolta viene usato il nome di “Willy-Willy”. Nei Caraibi e nel resto del mondo si usa comunemente la parola “Uragano”. In queste pagine andremo a vedere più da vicino proprio gli uragani che si formano sull’Oceano Atlantico.

Gli uragani si formano e crescono per fasi

L'Uragano Pat: era il 1985I cicloni nascono sopra gli oceani tropicali quando l’acqua del mare supera i 27°C. Tutti iniziano come aree di tempo perturbato. I venti, e con essi, le nubi, nella zona di bassa pressione sono messi in rotazione dalla forza di Coriolis.

Quando le nubi crescono e diventano un ciclone, possono rimanere costanti per giorni o raggiungere il punto massimo e velocemente morire. Quando un uragano si allontana dalla sorgente di vapore caldo dirigendosi verso Nord, inizia ad indebolirsi e a dissolversi.

Questo avviene più velocemente a causa dell’attrito nei bassi strati quando un ciclone si muove sopra la terraferma.

Perché i cicloni si formano sopra gli oceani caldi?

I cicloni ricevono la loro energia da aria calda molto umida che si trova solo sopra gli Oceani Tropicali. Questo perché la sorgente di energia si trova nel calore latente rilasciato quando il vapore acqueo condensa in minute goccioline.

Le tempeste tropicali e gli uragani crescono meglio in uno spesso strato di aria umida che fornisce molto vapore e quindi energia.

La perturbazione, che può crescere fino a diventare un uragano, inizia dove l’aria converge e sale verso l’alto. Se l’aria è instabile continuerà a salire dopo la spinta iniziale e la perturbazione continuerà a crescere solo quando i venti a tutte le quote dell’atmosfera, dall’Oceano fino a 9000 metri e oltre di altezza, soffiano alla stessa velocità e nella stessa direzione, altrimenti i venti di direzione variabile possono bloccarne l’evoluzione.

Il forte riscaldamento degli strati inferiori dell’atmosfera tende a rendere l’aria instabile e quindi a favorire la convezione, ossia il movimento verticale verso l’alto della massa d’aria caldo-umida sovrastante la superficie del mare.

Il raffreddamento di tali masse d’aria produce la condensazione e quindi la liberazione di grandi quantità di calore, fornendo ulteriore energia al sistema. I moti convettivi creano una convergenza di aria verso la zona in cui essi si manifestano, tuttavia tale situazione non avrebbe una lunga durata nel tempo se non intervenisse l’azione della
Forza di Coriolis.

Tale forza, causata dalla rotazione terrestre, è nulla all’Equatore, ma, ad una distanza di almeno 500 km da esso, assume un valore sufficiente a produrre la deviazione dell’aria convergente che inizia a muoversi in cerchio, con velocità sempre più elevate man mano che essa si avvicina al centro del vortice.


L'Uragano Andrew e il suo sistema di ventiLa deviazione data dalla forza di Coriolis è verso destra nell’emisfero Nord, per cui l’aria presente in una depressione acquista una rotazione antioraria; al contrario, nell’emisfero Sud, la deviazione è a sinistra e la rotazione è oraria. Una volta innescata la rotazione le uniche forze che praticamente agiscono sono la forza di gradiente (dovuta alla differenza di pressione fra l’interno e l’esterno del ciclone stesso) e la forza centrifuga, dirette, rispettivamente, verso il centro e verso l’esterno.

In Meteorologia si dice che tale equilibrio è ciclostrofico. L’azione convergente e rotatoria dell’aria produce un aumento di intensità del moto ascensionale ed una diminuzione sempre più accentuata della pressione nel centro della colonna, con conseguente aumento della forza di gradiente.

Semplificando si può dire che all’interno di un ciclone tropicale il vento soffia in un movimento a spirale, intensificandosi in prossimità dell’occhio. Ma, come mostrato dalla figura qui a fianco relativa all'uragano Andrew, in realtà la circolazione dei venti è molto più complicata. L’immagine rappresenta la velocità del vento all’interno di un area di 75 per 75 km quadrati centrata sull’occhio dell’uragano stesso (categoria 4 della scala Saffir-Simpson) alle ore 4:30 del 24 Agosto 1992. Questo complesso sistema di venti si muoveva verso Ovest (da destra a sinistra nell’immagine).

Ogni uragano è diverso e cambia da minuto in minuto, ma il modello generale dei venti ci dice che per tutti i cicloni tropicali la velocità e sempre più intensa in prossimità dell’occhio. I venti mostrati in figura sono stimati al livello del suolo e derivano dalle misure fatte da un aereo dell’Air Force che volava a circa 3000 metri di altitudine. Quando l’uragano Andrew ha cominciato a muoversi sulla terraferma, il suo comportamento è diventato sempre più complesso. Vortici come quelli dei tornado con venti anche di 300 km/h si muovevano attorno all’occhio del ciclone causando gravissimi danni.


Differenza tra cicloni tropicali ed extratropicali in 7 punti

Gli uragani e gli altri cicloni che si formano ai tropici durante l’estate sono molto differenti dalle tempeste extratropicali, che spesso si formano durante l’inverno all’interno delle saccature, tipiche delle medie latitudini (come le nostre). Le sette principali differenze fra gli uragani e le tempeste extratropicali sono:

  1. Gli uragani ed i sistemi tropicali non hanno fronti;

  2. I venti di un uragano s’indeboliscono con l’altezza;

  3. Il centro di un uragano è più caldo delle zone più esterne;

  4. Gli uragani ed i sistemi tropicali si formano con deboli venti a quote alte;

  5. Al centro di un uragano l’aria assume un movimento discendente;

  6. La principale fonte di energia di un uragano è il calore latente di condensazione;

  7. Gli uragani s’indeboliscono rapidamente sopra la terraferma.

I sistemi tropicali sono classificati in 4 categorie a seconda del loro grado di organizzazione e della massima velocità del vento:

  • Onda Tropicale: una sistema non organizzato di temporali molto deboli senza una circolazione ordinata di venti;

  • Depressione tropicale: mostra una circolazione dei venti attorno ad un centro con venti da 36 a 61 km/h;

  • Tempeste tropicali: i venti più forti sono fra 62 e 115 km/h. Alla tempesta viene attribuito un nome quando raggiunge la forza di una tempesta tropicale;

  • Uragano: i venti superano i 115 km/h.


Gli uragani sono classificati a loro volta in diverse categorie secondo la scala di Saffir-Simpson.


Sviluppo, maturità e dissolvimento dei cicloni

Sviluppo

Il tifone Wutip: agosto 2001Un ciclone in formazione deve affrontare un futuro incerto ed un ambiente capriccioso ed ostile. Solitamente solo 9 tra gli oltre 100 uragani che si formano ogni anno sull’Oceano Atlantico riescono a sopravvivere e diventano tempeste tropicali con venti di forza di burrasca o veri e propri uragani. La fase di sviluppo di un uragano può durare dalle 12 ore fino a diversi giorni e durante tale fase la pressione nel centro della tempesta diminuisce gradualmente e si porta sotto i 1000 mb entro un’area non molto vasta e pressoché circolare con un diametro compreso tra i 30 e 60 km, intorno alla quale i venti spirano ormai con forte intensità, anche oltre i 130 km/h e fino oltre 150 km/h in una stretta fascia circolare compresa fra i 15 e i 25 km di distanza dal centro dell’uragano. A questo punto si forma l’occhio, che rappresenta l’area centrale con la pressione più bassa. Qui i venti sono deboli e di direzione variabile e le nubi sparse consentono ampie schiarite. Questa condizione atmosferica contrasta fortemente con l’orlo estremo dell’occhio, dove uno strato spessissimo di nubi si estende da poche centinaia di metri sopra la superficie terrestre fino a grandi altezze.

Maturità

Quando un ciclone raggiunge la maturità le diminuzioni di pressione al centro sono relativamente piccole o cessano del tutto, mentre i venti non aumentano più la loro intensità; l’area coperta da forti venti e piogge violente invece aumenta. Le piogge sono torrenziali ed è presente una forte nebulosità; la pioggia manca all’interno dell’occhio del ciclone, ma è molto forte in corrispondenza della parte interna dell’anello di nubi che lo racchiude, tanto che si possono raggiungere i 250-300 mm in sole 24 ore. Lungo la parete dell’occhio l’aria sale a 50 km/h ed anche più entro colonne d’aria distinte, mentre all’interno dell’occhio stesso l’aria è discendente. La regione interessata dai venti con forza d’uragano si estende fino a raggiungere un diametro che supera i 300 km, nel frattempo la perturbazione si estende in direzione orizzontale fino a raggiungere un diametro di 4-500 km e diventa sempre più asimmetrica per il formarsi di un’area con nubi e precipitazioni alla destra del ciclone rispetto alla direzione del movimento.

Dissolvimento

Quando i cicloni entrano nella fase di sviluppo e maturità cominciano a spostarsi verso Nord-Ovest (nell’emisfero Nord) allontanandosi ulteriormente dall’equatore. Gran parte dei cicloni si esauriscono per attrito quando penetrano nei continenti oppure quando fanno rotta verso Nord, dove incontrano più fresche temperature oceaniche. Ricordiamo, infatti, che gli uragani traggono molta della loro energia dal vapore dell’acqua calda (a più di 27° C) dell’oceano. L’acqua calda rilascia umidità nell’aria, umidità che poi ritorna a condensare all’interno dell’uragano, rilasciando calore che serve ad alimentare la tempesta. Ma lo strato d’acqua calda di solito si estende solamente per 30 - 50 metri di profondità. Quindi anche sopra l’acqua calda, le tempeste che si muovono lentamente possono interrompere il loro rifornimento di energia, visto che rimescolano l’acqua dell’oceano portando in superficie acqua fredda dal sottofondo. Quando i cicloni entrano nella fase di dissolvimento i venti perdono rapidamente la loro intensità con le precipitazioni che possono insistere ancora per qualche tempo. Qualche ciclone può riprendere nuova energia al di fuori dei tropici, ma con caratteristiche più simili alle nostre perturbazioni, chiamate “cicloni extratropicali”. Non è raro che queste perturbazioni raggiungano poi le coste atlantiche seguendo le correnti occidentali in quota, con effetti anche considerevoli.

 


L’occhio del ciclone

L’occhio di un ciclone presenta mediamente un diametro di 25 km circa, in alcuni cicloni però si sono misurati anche 60-65 km. Attorno all’occhio ruota l’intero sistema in un movimento a spirale. Il suo bordo è formato da uno strato spessissimo di nuvole, un vero e proprio muro che si estende dalla superficie fino ad altezze molto elevate, fino a quasi ai limiti della troposfera, in altre parole oltre i 15 km di altitudine.

All’interno dell’occhio l’aria scende dall’alto verso il basso (subsidenza) perciò viene impedita la formazione di nuvole e piogge. L’aria che scende inoltre si comprime, facendone aumentare la temperatura. È stato appurato che la massa d’aria discendente si arresta ad un’altitudine di circa 2000 metri, a causa di un inversione termica. Ne consegue che l’eventuale formazione di nuvolosità in superficie, può estendersi fino ai 2 km di altezza, non riuscendo a superare tale limite.

Le precipitazioni all’interno dell’occhio sono molto deboli o mancano del tutto, i venti sono quasi assenti mentre la nuvolosità è decisamente variabile anche se spesso la copertura del cielo è quasi totale. Altre volte invece la nuvolosità è molto scarsa e s’intravedono in quota nubi alte stratiformi, perlopiù cirri. In superficie i valori termici non si discostano di molto da quelli rilevati nelle aree circostanti, in quota però ci possono essere differenze sensibili, anche di oltre 10°C.

Movimento, traiettorie e frequenza

Movimento

Le tipiche traiettorie degli uragani

Traiettoria delle tempeste tropicali e degli uragani nella stagione degli uragani dell’anno 2000,
sull’Oceano Atlantico. I punti rappresentano intervalli di 6 ore.

I cicloni e le tempeste tropicali, una volta che si sono formati, hanno la tendenza a seguire un percorso che li porta verso i poli. Per esempio gli uragani che si sviluppano sull’Oceano Atlantico inizialmente si muovono di poco in direzione del Polo, ma dopo qualche giorno cominciano a dirigersi in maniera sempre più decisa verso Nord. Ogni tanto deviano dai percorsi che seguono una graduale incurvatura e in qualche occasione subiscono bruschi cambiamenti di rotta, disegnando persino un “occhiello”. Spesso questo accade quando la tempesta si protrae per molto tempo, più di quanto normalmente avviene. I cicloni in giovane età formatisi nelle aree tropicali si spostano piuttosto lentamente, non oltre i 20/25 km/h. Quando però le tempeste si rinforzano e la loro traiettoria inizia a curvarsi, la velocità aumenta. Addirittura sono state registrate velocità anche di 80-100 km/h quando gli uragani arrivano in prossimità della costa Nord-orientale degli USA.

Traiettorie

Le tipiche traiettorie dei cicloni tropicali ed extra-tropicali

Principali traiettorie dei cicloni extratropicali (1) e dei cicloni tropicali (2). L’area tratteggiata indica
dove la temperatura delle acque dell’Oceano raggiunge sulla superficie i 25°C nel periodo estivo
del rispettivo emisfero.

Le ultime 2 figure mostrano in maniera schematizzata le aree in cui si formano i cicloni e le traiettorie che seguono durante il loro periodo di esistenza. Si nota che sono assenti nei pressi dell’equatore a causa della mancanza dell’accelerazione di Coriolis e, infatti, dove questa forza è assente l’aria si muove verso il centro di una bassa pressione in modo da colmare in breve tempo lo squilibrio iniziale. La maggioranza dei cicloni si sposta, seguendo le correnti dominanti, tra le latitudini di 8° e 15°, dove l’accelerazione di Coriolis è sufficiente per generare una rotazione dei venti attorno al centro della bassa pressione. I cicloni tropicali dell’area Nord-atlantica si dissolvono quando si abbattono sul Messico o sulle coste del Texas, mentre quelli che curvano verso Nord e Nord-Est hanno maggiori possibilità di rimanere in vita e di esaurirsi gradualmente tra gli Stati Uniti e le Bermude. Nell’Oceano Indiano i cicloni si inseriscono nelle correnti dei monsoni e quindi la loro direzione Sud-Nord prevale su quella Est-Ovest.

ZoneNumero di cicloni l’anno
Caraibi e USA7

Coste occidentali del Messico

6

Filippine e Mar della Cina

21

Golfo del Bengala

8

Mare Arabico

2

Coste Nord-occidentali dell’Australia

2

Madagascar e Isole Mauritius

7

Coste Nord-orientali dell’Australia

6

Frequenza

Per quanto riguarda la frequenza con cui si presentano in media ogni anno i cicloni tropicali, non è ancora possibile dare un quadro completo in quanto mancano dati attendibili sulle varie zone del mondo, soprattutto per l’emisfero australe. Comunque in base ai dati disponibili fino a un po' di tempo fa si può stilare la tabella qui a fianco.

L’onda di tempesta (Storm Surge)

Nel momento in cui un ciclone tropicale tocca la terraferma, si addentra in un clima freddo ed avverso che ne compromette la sopravvivenza. Infatti in questo frangente il ciclone si avvia verso una fase di rapido dissolvimento, ma è proprio in questo stadio di esaurimento che i cicloni recano i danni maggiori. Il 90% delle vittime che provoca un ciclone è dovuto alla terribile onda di tempesta (Storm Surge) che si abbatte sulla costa; una grandiosa muraglia d’acqua che accompagna tutti i cicloni. Già una settimana prima del passaggio dell’uragano si avvertono i primi segnali dell’arrivo di un’onda di tempesta: i venti che lo precedono possono accumulare anche un metro d’acqua e più in un tratto di costa lungo centinaia di chilometri.

Quando un ciclone si trova all’incirca a 160 km dalla zona costiera, grandi ondate spinte da forti venti iniziano ad infrangersi sulla costa con un rombo che viene avvertito per molti chilometri all’interno della costa. In seguito si abbatte sulla riva l’onda di tempesta vera e propria, con alto potere distruttivo. Essa può raggiungere, nei cicloni più intensi, l’altezza di 7-8 metri al di sopra della superficie marina. Esistono poi vari fattori per cui un’onda di tempesta può aumentare d’intensità: per esempio una costa a forma concava che rende difficoltoso il deflusso dell’acqua nel senso laterale e in particolare dove c’è presenza di acque costiere a bassa profondità.I cicloni tropicali che si allontanano dalla superficie terrestre per dirigersi verso acque più fredde vengono spesso classificati come innocui, però in alcuni casi possono mantenere un alto potenziale distruttivo trasformandosi in cicloni extratropicali, responsabili di terribili tempeste e giungendo anche sulle coste atlantiche, seguendo il bordo settentrionale dell’Anticiclone delle Azzorre.

Differenze fra cicloni tropicali ed extratropicali

Cicloni tropicali ed extra-tropicali visti dal satelliteL’immagine del satellite della figura a fianco fu ripresa alle 13:15 di mercoledì 22 Agosto 1996 dal satellite meteorologico GOES 8. Questa immagine al vapore acqueo mostra l’ammontare di vapore nell’aria con differenti tonalità di grigio, variando da secco (nero) a umido (bianco). Le linee blu sono le linee di latitudine e longitudine segnate ogni 5 gradi. L’immagine mostra due tempeste: una tempesta extratropicale sopra la Florida (Extratropical storm), e la Tempesta Tropicale “Dolly” (T.S. Dolly) sulla penisola Yucatan in Messico, a circa 20 gradi Nord di latitudine e 90 gradi Ovest di longitudine.

Dolly è circondata da aria calda e umida, indicata dalle tonalità del grigio, che forma un’unica massa. Qui i temporali si ingrandiscono tutti intorno al centro della tempesta e il calore latente emesso dal vapore, che condensa nelle goccioline d’acqua, alimenta il sistema tropicale.

I sistemi extratropicali, invece, hanno una stretta regione nera chiamata “fessura secca”, a forma di spirale, nel centro della zona di bassa pressione. Questa intrusione di aria secca e fredda si verifica all’interno di aria umida e calda nella zona Est e Sud del sistema. La differenza di temperatura tra le diverse masse d’aria intensifica la tempesta generando i fronti.

Caratteristiche dei cicloni extratropicaliNei cicloni extratropicali un fronte freddo segna la zona di confine dell’aria fredda che avanza, mentre un fronte caldo guida l’aria calda verso Nord nella zona più a Est del sistema. Il fronte occluso si forma invece quando l’aria fredda del fronte freddo raggiunge quella del fronte caldo incuneandosi sotto di essa, mentre l’aria calda s’invortica in quota attorno al nucleo di bassa pressione. Nelle zone di scontro tra fronti freddi e caldi nascono spesso rovesci e temporali. Essi sono più intensi davanti al fronte freddo e non piuttosto vicino al centro del sistema, come invece avviene nei cicloni tropicali.

La scala Saffir-Simpson

Tutti gli uragani sono pericolosi, ma alcuni lo sono più di altri. L’intensità della tempesta, la direzione del vento e la combinazione di altri fattori determinano la loro potenza distruttiva. Per avere più riscontri possibili, allertare gli organi preposti alla sicurezza e calcolare al meglio i rischi di un uragano in fase di avvicinamento, i servizi nazionali di Oceanografia e Meteorologia usano una scala di disastro potenziale che assegna ai cicloni tropicali 5 categorie. Essa può essere usata per dare una valutazione dei danni materiali e delle mareggiate previste lungo il litorale. La scala è stata formulata nel 1969 dal consulente tecnico Herbert Saffir e dal Dott. Bob Simpson, direttore del centro nazionale statunitense che si occupa degli uragani (vedere le prossime tabelle).


Grado

Pressione (hPa)

Velocità vento

(km/h)

Onda di marea (m)

Danni

Esempi

1

> 980

118 - 152

1.2 – 1.6

Minimi

Florence 1988 - Charley 1988

2

965 - 980

153 - 176

1.7 – 2.5

Moderati

Kate 1985 - Bob 1991

3

945 - 964

177 - 208

2.6 – 3.7

Intensi

Alicia 1983

4

920 - 944

209 - 248

3.8 – 5.4

Estremi

Andrew 1992 - Hugo 1989

5

< 920

> 248

> 5.4

Catastrofici

Camille 1969 - Labor Day 1935


Grado

Velocità vento

(km/h)

Danni

Descrizione dei danni

1

118 - 152

Minimi

Danni ad alberi arbusti e a case senza fondamenta, roulottes e bungalow. Danni di lieve entità alle strutture. Distruzione parziale o totale di alcuni cartelli ed annunci pubblicitari installati precariamente. Mareggiate d’intensità moderata sulla costa. Camminamenti e strade costiere parzialmente inondati: danni minimi su moli ed approdi. Rottura degli ormeggi di piccole imbarcazioni in aree esposte.

2

153 - 176

Moderati

Danni considerevoli ad alberi ed arbusti, alcuni dei quali vengono abbattuti. Danni considerevoli a case senza fondamenta, roulottes e bungalow in aree particolarmente esposte. Danni estesi a cartelli ed annunci pubblicitari. Distruzione parziale di alcuni soffitti, porte e finestre. Danni minimi a strutture e edifici. Strade e camminamenti inondati vicino alle coste. Mareggiate di forte intensità. Le vie di fuga litoranee di solito vengono sommerse 2-4 ore prima dell’arrivo del centro dell’uragano. Danni considerevoli sulle zone costiere, che vengono sommerse dall’acqua. Le piccole imbarcazioni rompono gli ormeggi in aree particolarmente esposte. Si provvede ad evacuare la popolazione residente nelle zone costiere dove il terreno è molto basso sul livello del mare.

3

177 - 208

Intensi

Grandi alberi abbattuti. Annunci e cartelli pubblicitari non solidamente installati vengono portati via dal vento. Qualche danno ai soffitti degli edifici e rotture di porte e finestre. Danneggiamenti alle strutture di piccoli edifici. Distruzione di case senza fondamenta, roulottes e bungalow. Mareggiate ed inondazioni sulle zone costiere con ampia distruzione di molti edifici ubicati vicino al litorale. Le grandi strutture vicino alle coste sono seriamente danneggiate a causa delle grandi ondate (onde di tempesta), e dei relitti galleggianti. Le vie di fuga litoranee di solito vengono sommerse 3-5 ore prima dell’arrivo del centro dell’uragano a causa dell’innalzamento marino. I terreni pianeggianti posti a 1.5 metri o meno sul livello del mare sono inondati per circa 20 km verso l’interno. Si procede all’evacuazione di tutti i residenti che popolano le aree dove il terreno è prossimo al livello del mare.

4

209 - 248

Estremi

Gran parte degli alberi ed arbusti sono distrutti dalla forza del vento. Annunci e cartelli pubblicitari di ogni forma e dimensione vengono trascinati via dal vento impetuoso. Estesi danni a soffitti, porte e finestre. Crollo totale di soffitti e di alcune pareti di piccoli edifici. La maggior parte delle case senza fondamenta, roulottes e bungalow vengono distrutte o seriamente danneggiate. Devastanti mareggiate. I terreni pianeggianti posti a 3 metri o meno sul livello del mare sono inondati per circa 10 km verso l’interno. Grandi danni ai piani di bassi delle strutture vicino alle coste dovute alle inondazioni e ai relitti galleggianti. Le vie di fuga litoranee di solito vengono sommerse 3-5 ore prima dell’arrivo del centro dell’uragano. Si procede all’evacuazione di tutti i residenti all’interno di un’area di circa 450 metri dalla costa e nei terreni prossimi al livello del mare, fino a 3 km verso l’interno.

5

> 248

Catastrofici

Alberi ed arbusti sono totalmente distrutti dalla forza del vento. Alberi di grandi dimensioni vengono sollevati da Terra. Danni considerevoli ai soffitti degli edifici. Annunci e cartelli pubblicitari di ogni forma e dimensione vengono distrutti e trascinati via dal vento impetuoso a grande distanza, causando a loro volta ulteriori distruzioni. Danni seri ed estesi a porte e finestre. Crollo totale di molte piccole residenze e edifici industriali. Grande distruzione di vetri di porte e finestre che non sono stati precedentemente protetti. Molte case e piccoli edifici abbattuti o spianati. Distruzione massiccia di case senza fondamenta, roulottes e bungalow. Grandi mareggiate sulla costa con onde molto alte. Danni considerevoli ai piani bassi di tutte le strutture sotto i 4.5 metri sul livello del mare e fino a 450 metri verso l’interno. Le vie di fuga litoranee di solito vengono sommerse 3-5 ore prima dell’arrivo del centro dell’uragano. Si procede all’evacuazione di tutti i residenti nei terreni prossimi al livello del mare, in un area fra 8 e 16 km dalla costa. Situazione caotica.

L’uragano “Labor Day”

Il ciclone più forte che colpì gli USA nel XX secolo fu quello del 2 Settembre 1935, durante il “Labor Day”, la festa del lavoro americana. L’uragano, di categoria 5 (vedi la scala di Saffir-Simpson) spazzò la Florida con venti a più di 300 km/h e uccise 400 persone. Il ciclone tropicale aveva un minimo di ben 892 hPa e questo è il valore più basso mai registrato negli USA. Molti interrogativi sul perché alcuni uragani raggiungano forze così spaventose rimangono ancora senza risposta. Questo tuttavia non ha impedito agli studiosi di osservare e studiare un gran numero di queste terrificanti tempeste che si verificano negli oceani tropicali di tutto il mondo.

L’uragano “Katrina”

L'uragano KatrinaSi è abbattuto nella parte sud-est degli Stati Uniti tra la fine di agosto e l'inizio di settembre del 2005. Riconosciuto come il peggior disastro naturale che abbia sinora colpito gli Stati Uniti, sia in termini di vittime umane che per i danni economici, Katrina ha provocato, direttamente o indirettamente, migliaia di morti, con milioni di persone rimaste senza casa.

La rottura di alcuni varchi nell'argine che protegge New Orleans, ha causato ad esempio l'inondazione del 90% della città. Al momento in cui scriviamo Katrina è l'uragano più devastante e costoso che abbia mai flagellato gli Stati Uniti dal 1900, anno dell'uragano Galverston, che uccise tra le 8.000 e le 12.000 persone. Katrina si è formata sulle isole Bahamas e ha investito la costa per la prima volta a nord di Miami, in Florida, con forza equivalente ad un uragano di prima categoria sulla scala Saffir-Simpson, causando inondazioni, mancanza di energia elettrica per un milione di persone, e undici morti.

Indebolito a tempesta tropicale, si è mosso nuovamente verso il largo, riacquistando rapidamente forza dal riscaldamento del mare del Golfo del Messico fino a raggiungere categoria 5, con una pressione centrale di 902 mbar, la quarta più bassa pressione barometrica mai misurata nell'Emisfero Occidentale, il che, con venti sostenuti da 280 km/h e raffiche fino a 320 km/h, lo rende il terzo più potente sistema depressionario che abbia mai colpito gli Stati Uniti, dietro l'uragano Camille del 1969 e il già citato uragano Labor Day.

L'occhio dell'uragano KatrinaA causa di una depressione incontrata sul suo tragitto l'uragano cambia direzione da sud-est a nord-nord-ovest, indebolendosi fino a categoria 4 e raggiungendo il suo secondo approdo il 29 agosto 2005 presso la città di Buras-Triumph, Louisiana, con venti che spiravano fino a 235 km/h. Una volta raggiunto il confine con la Louisiana e lo stato del Mississippi l’uragano si indebolisce ulteriormente fino a raggiungere Categoria 3 con venti a 205 km/h.

Piccolo Glossario dei termini per la descrizione dei cicloni tropicali

Bacino Atlantico (o Bacino Atlantico del Nord): la parte dell’Oceano Atlantico a Nord dell’equatore, il Mar dei Caraibi e il Golfo del Messico.
Ciclone extratropicale: una tempesta che si forma fuori dai tropici, alcune volte può trasformarsi in un sistema tropicale o in un uragano. Oppure può essere un ex uragano “declassato” e trasformato in ciclone extratropicale. In questo capitolo abbiamo già parlato della differenza tra cicloni extratropicali e cicloni tropicali.
Ciclone tropicale: una depressione in cui il centro è più caldo che la massa d’aria circostante. Il termine è usato anche nell’Oceano Indiano e nel Mar dei Coralli per descrivere cicloni chiamati “uragani” e “tifoni” in altre aree.
Depressione tropicale (TD): un ciclone tropicale con venti che soffiano a meno di 62 km/h. Vengono identificati solo con un numero e non con un nome.
Disturbo Tropicale: spesso è la prima fase di un ciclone tropicale. Normalmente è un area organizzata di temporali che si forma ai tropici e persiste per più di 24 ore. Una depressione può formarsi al suolo, ma i venti soffiano a meno di 62 km/h.
La parete dell’occhio: l’anello di nubi e temporali che circondano l’occhio del ciclone. La pioggia più intensa, i venti più forti e le peggiori turbolenze sono normalmente situate in questa zona.
Nodo: una misura di velocità. Corrisponde a 1.8 km/h. Non ci si esprime in “nodi all’ora” salvo che non ci si riferisca ad accelerazioni.
Occhio: il centro della zona di bassa pressione di un ciclone tropicale. C’è normalmente calma di vento e alcune volte il cielo sereno.
Onda di tempesta (Storm Surge): l’innalzamento d’acqua che si crea quando un uragano si muove sopra gli oceani. Come questa arriva alla costa, causa allagamenti che provocano di norma il più alto numero di vittime attribuibili ad un ciclone tropicale.
Tempesta Tropicale: un ciclone tropicale con venti tra i 62 e i 120 km/h. Nella maggior parte dei casi a una tempesta è dato un nome quando raggiunge l’intensità di una tempesta tropicale.
Uragano: un ciclone tropicale con venti che soffiano a più di 120 km/h. Normalmente questi cicloni interessano il Bacino Atlantico e l’Oceano Pacifico. I cicloni tropicali che si abbattono nell’Oceano Pacifico settentrionale e in Giappone vengono chiamati “Tifoni”, a Nord dell’Oceano Indiano “Cicloni”, in Australia talvolta viene usato il nome di “Willy-Willy”.


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