Sono bastati pochi giorni con temperature sottozero e un pupazzo di neve fotografato sulla Marmolada a circa 3300 metri di quota per scatenare due settimane fa un’onda mediatica che facesse conoscere a tutti l’impresa di una nevicata di agosto che è caduta sulle Alpi oltre i tremila metri di quota (fig. 1). Di questa neve non così inconsueta per queste quote anche in estate non c’è ovviamente più traccia, fusa dalla netta ripresa del campo termico anche sul settore alpino dove tra l’altro in questi giorni sta arrivando l’alito subtropicale del promontorio nord africano che, proprio tra domani e martedì, spingerà la quota dello zero termico anche oltre i 5000 metri sul Nord Italia.
Sono queste le situazioni che dovrebbero essere seguite con maggiore attenzione e raccontate al grande pubblico perché sono quelle che apportano le condizioni ambientali peggiori per i ghiacciai alpini o per quel che ne resta. Avere infatti la quota dello zero termico oltre i 4000 metri per molti giorni significa che lassù le temperature faticano a scendere al di sotto di 0 °C anche di notte e che quindi diventa costante, nel corso delle ventiquattro ore, il processo di fusione della coltre di ghiaccio, dove presente.
A tal proposito analizzando l’andamento delle temperature minime e massime registrate sulla Marmolada durante questa estate fino alla giornata del 19 agosto (fig. 2, fonte dati 3BMeteo), combinando i due valori come se fossero le coordinate di un punto è emerso che fino a ieri si sono contati 44 giorni caldi: un numero destinato ad aumentare proprio nel corso della prima parte di questa settimana per le condizioni atmosferiche previste.