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Scritto da Andrea Corigliano Sabato 04 Marzo 2023 00:00

LE PREVISIONI AL TEMPO DI BERNACCA E AI NOSTRI GIORNI: QUANDO IL PROGRESSO VIENE PERCEPITO DALL’UTENTE MEDIO COME UN PASSO INDIETRO

Edmondo Bernacca in una delle sue storiche foto in RaiPiù si cerca di conoscere nel dettaglio spazio-temporale l’evoluzione del tempo, più aumenta la probabilità che la previsione diventi imprecisa e che questa imprecisione si trasformi in un vero e proprio errore di analisi, anche grossolano. È una legge a cui non si sottrae nessuna previsione meteorologica, specie quando si vogliono conoscere per filo e per segno certi particolari anche con diversi giorni in anticipo, come per esempio la quota di una nevicata, i millimetri di pioggia che cadranno sul giardino di casa o la temperatura in un’ora stabilita di una giornata estremamente instabile.

Le possibilità di conoscere questi dettagli, che oggi sono molto richiesti e che proprio per questo vengono azzardatamente resi pubblici, ha minato la credibilità della scienza del tempo a tal punto che una buona parte dell’utenza ritiene la meteorologia di oggi peggiorata rispetto a quella di qualche decennio fa, quando l’informazione era divulgata dai grandi maestri che hanno avuto il grande merito di aver fatto conoscere la dinamica dell’atmosfera agli italiani grazie alla televisione. Ci troviamo in pratica in una situazione paradossale perché, per quanto sia oggi migliorata l’attendibilità delle previsioni a lungo termine – basti pensare per esempio alla tecnica «ensemble» che è stata sviluppata dai primi Anni Novanta – cercando il dettaglio sempre più spinto finiamo alla fine per lasciar intendere di essere tornati indietro perché superiamo quel limite oltre il quale l’approccio scientifico alla previsione del tempo diventa sempre più traballante.

I particolari di una previsione del tempo sono la ricerca continua di una linea di frontiera che divide tra loro due spazi: quello in cui cadono le affermazioni che possono essere divulgate perché poggiano su basi scientifiche sufficientemente solide e quello in cui cadono le affermazioni che si allontanano sempre di più da quella linea nel verso opposto e che nascono come frutto della fantasia di chi le elabora e poi le diffonde.



La meteorologia di qualche decennio fa è quindi forse percepita da molti come più affidabile perché, per quanto ancora acerba rispetto a quella dei nostri giorni, rispettava questi limiti e chi ne parlava sapeva che andare oltre questi confini significava camminare su un vero e proprio campo minato. Ci si accontentava allora di sapere che sarebbe nevicato fino a quote collinari e non fino a 350 metri e nessuno si sarebbe permesso di chiedere – anche perché non lo avrebbe mai pensato – sulla previsione di una nevicata nel proprio paese a 335 metri sul livello del mare.

La previsione si portava quindi dietro anche il fascino dell’effetto sorpresa che è un po’ il motore che spinge a seguire più da vicino le dinamiche meteorologiche.Cosa intendo dire con questo discorso? Semplicemente che il progresso e la conoscenza scientifica in ambito meteorologico vanno utilizzati per raccontare ciò che un tempo non si poteva dire perché non c’erano i mezzi per poter dare quel tipo di informazione. Il progresso non deve invece essere utilizzato per azzerare i passi avanti compiuti in tutti questi anni e quindi lasciar credere che poi alla fine che non è cambiato nulla e che allora era meglio di adesso perché non è vero.

Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!

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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera