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Scritto da Andrea Corigliano Sabato 26 Novembre 2022 17:00

NEVE IN PIANURA AL NORD: UNA PREVISIONE A PICCOLI PASSI E SENZA FRETTA

La classica osservazione del lampione...Neve in pianura al Nord. Si fa presto a mettere nero su bianco una frase che attira molto l’attenzione, ma ci vuole tempo per sapere se questo fenomeno atmosferico potrebbe verificarsi. In altre parole, è una delle previsioni più complicate da elaborare e di conseguenza è una delle situazioni la cui prognosi rimane spesso incerta fino a due o tre giorni dall’evento.

Possiamo quindi intuire che parlare di neve in arrivo con una settimana o dieci giorni di anticipo equivale, nel 99.99% dei casi, a scommettere su uno scenario e non a elaborare una previsione seguendo la prassi scientifica. Perché inquadrare una nevicata in pianura sul Nord Italia significa sedersi a tavolino e vedere se, uno a uno, i tasselli si incastrano tra di loro alla perfezione. Servono gli ingredienti giusti per permettere alla Dama Bianca di posarsi candidamente e di accumularsi, dosati proprio come una brava cuoca o un bravo cuoco si adopera per preparare un… gustoso piatto.

Serve dapprima un’irruzione di aria fredda – polare o ancor meglio artica e tra queste ultime quella continentale ha fattura migliore in assoluto – che prepari il terreno alla formazione di un cuscinetto di aria fredda a contatto con i bassi strati dell’atmosfera: una dinamica, questa, che permette alla temperatura di scendere di alcuni gradi al di sotto di 0 °C almeno nei valori minimi una volta che l’irruzione si è completata e, grazie alla secchezza della massa d’aria sopraggiunta, a garantire una temperatura di bulbo umido negativa per conservare fino in pianura la caduta dei futuri fiocchi.

Serve successivamente uno scorrimento di aria più temperata e umida al di sopra di questo cuscinetto: uno scorrimento che sia intenso al punto giusto da trasportare la materia prima – cioè l’umidità – ma non così intenso da destabilizzare lo stato termico della colonna atmosferica e creare così in quota bolle di aria a temperatura positiva che causino la fusione del fiocco di neve.

Serve quindi prevedere l’ingresso di una perturbazione atlantica e l’instaurarsi in quota di correnti favorevoli alla formazione di nuvolosità stratificata in inspessimento e il successivo avvio delle precipitazioni. I tempi di arrivo della copertura nuvolosa sono per esempio uno dei discriminanti da analizzare e prevedere, ma a brevissimo termine: meglio un aumento della nuvolosità al mattino dopo una nottata serena, invece di un aumento alla sera perché, nel primo caso, è maggiore la dispersione del calore nello spazio e quindi è maggiore il raffreddamento dei bassi strati.



Una previsione difficile quella della neve perché è forse la previsione in cui, in modo assoluto, bisogna davvero procedere più che mai a piccoli passi, senza dilettarsi in voli pindarici legati alle singole emissioni dei modelli numerici di previsione. Si guarda al primo ingrediente. Se e solo se questo ingrediente è presente, si passa a valutare il secondo e via discorrendo. Oggi, per esempio, le ipotesi di scenari nevosi in pianura in arrivo per i primi di dicembre si basano sul nulla. Il motivo? Vista la distanza temporale, non siamo ancora in grado di prevedere se l’anticiclone russo riuscirà a indirizzare verso l’Italia un cospicuo raffreddamento. Insomma, manca ancora il primo ingrediente. Nonostante questo, si scrive già di neve in arrivo fino in pianura, con buona pace del metodo scientifico.

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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera