Nell’immaginario collettivo il tempo stabile e soleggiato è sinonimo di «bel tempo», mentre il tempo perturbato e piovoso è sinonimo di «maltempo»: si intendono infatti per «belle» giornate quelle assolate e calde e per «brutte» giornate quelle grigie e fredde.
Si parla in genere di «maltempo» quando le condizioni atmosferiche sono avverse a tal punto da causare impatti anche significativi sul territorio e possono quindi costituire un rischio per l’incolumità delle persone: le alluvioni, i tornado, le forti grandinate e le intense raffiche di vento sono sicuramente alcune espressioni di una fenomenologia atmosferica violenta ed estrema che può creare problemi ai cittadini se non si fa prevenzione.
Possiamo però parlare di «maltempo» solo in questo tipo di situazioni? Non dovremmo, perché se per parlare in questi termini si devono verificare «condizioni atmosferiche avverse», allora a rigor di logica possiamo parlare di «maltempo» anche quando è il «bel tempo» ad avere impatti rilevanti sul territorio e sullo stato di salute delle persone. La persistenza di condizioni anticicloniche diventa per esempio «maltempo» quando si verifica un graduale peggioramento dell’approvvigionamento idrico fino a sconfinare in una siccità grave, proprio come sta succedendo in Italia da sei mesi a questa parte.
Anche la carenza di acqua, infatti, è un problema per l’agricoltura alla pari di una violenta grandinata che è capace di rovinare e di compromettere un’intera stagione di raccolti. Allo stesso modo le ondate di calore fuori dagli schemi, che portano le temperature a infrangere i record di caldo con estrema facilità proprio come è successo in questi ultimi giorni e a fine maggio su diverse località dell’Italia centrale, sono espressioni di un «maltempo anticiclonico» che va ad alimentare dei rischi per la nostra salute e, in modo particolare, per la salute delle persone più fragili.