Care lettrici e cari lettori,negli ultimi giorni i media hanno riportato la notizia che avremmo passato il Natale all’insegna del gelo e della neve. È bastata come sempre qualche mappa colorata di azzurro e di blu intenso, ad indicare temperature molto basse sulla quota isobarica di 850 hPa (cioè a circa 1500 metri), per dare fuoco alle polveri e iniziare così la diffusione a macchia d’olio di questa pre(visione). Gelo&Neve sono infatti l’accoppiata vincente per fare molte visualizzazioni che si traducono in denaro e di conseguenza, ogni volta in cui la corsa di un modello numerico elabora uno scenario di questo tipo a lunghe distanze temporali, viene servita su un vassoio d’argento un’occasione ghiotta per dare in pasto al grande pubblico questo tipo di notizia.
Lo dirò sempre, anche a costo di essere ripetitivo all’infinito: il problema è di tipo culturale. Perché fino a quando l’utente medio che consulta le previsioni del tempo non saprà che oltre una certa distanza temporale la previsione perde affidabilità – e quelle relative al gelo e alla neve in pianura fanno parte delle previsioni che la perdono molto più velocemente di altre – ci saranno sempre esche gettate a cui in tanti abboccheranno per la gioia dei contatori di click. Dispiace molto questo comportamento per due motivi.
Il primo è puramente scientifico perché una previsione del tempo va avanti per tappe che devono essere sempre percorse, senza mai saltarne una, anche fermandosi tra una tappa e la successiva. Sarebbe un po’ come essere su una mongolfiera che inizia il suo viaggio dall’alto e piano piano scende verso il suolo, dandoci così l’opportunità di avere prima una panoramica generale del luogo su cui ci troviamo (cioè la situazione a scala sinottica), fino ad essere in grado di osservare i primi dettagli nel momento in cui siamo ormai a pochi metri dall’arrivo (cioè la previsione nella mia città).
Il secondo motivo è invece etico perché credo che non ci sia cosa peggiore che approfittare del fatto che l’utenza non conosca i limiti della predicibilità dell’atmosfera per creare illusioni, specie in chi è appassionato di questo tipo di eventi atmosferici. Purtroppo, a rimetterci c’è sempre la meteorologia perché questo malsano modo di comunicarla fa sì che questa scienza venga apprezzata di meno, ignorata, o seguita solo per farsi quattro risate come quando ci raccontano una barzelletta.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera