Il nuovo anno potrebbe debuttare con un’irruzione di aria fredda che, sulla carta, potrebbe essere più incisiva rispetto a quelle che ci hanno interessato dall’inizio dell’inverno meteorologico.
Tra il 2 e il 3 gennaio, infatti, quel campo anticiclonico che sta sbarrando il flusso perturbato atlantico dovrebbe ruotare il proprio asse lungo i meridiani atlantici e stuzzicare in tal modo, operando in sinergia con una circolazione ciclonica posizionata tra la penisola scandinava e la Russia, la discesa di una massa d’aria molto fredda di origine artico-marittima verso il settore europeo centro-orientale. Possiamo quindi sciogliere la prognosi relativamente al pattern sinottico che interesserà molto probabilmente il nostro continente in avvio del 2019 ma, come sempre, se vogliamo entrare nei dettagli e definire relativamente all’Italia la tempistica, l’intensità del freddo e la fenomenologia associata alla probabile irruzione, dobbiamo aspettare qualche aggiornamento perché sussistono ancora incertezze non trascurabili.
Per facilitare la comprensione di questo aspetto, vi invito a osservare la figura in alto a sinistra, la mappa relativa alla previsione media del campo di altezza di geopotenziale a 500 hPa (circa 5500 metri di quota), elaborata dal modello europeo ECMWF e valida per le prime ore del 3 gennaio, cioè quando è prevista la fase iniziale dell'evento.
In particolare, vorrei che venisse focalizzata l’attenzione sul confronto tra la previsione relativa alla posizione media per esempio dell’isoipsa di 5400 metri calcolata dal modello europeo ECMWF (linea bianca tratteggiata) e la stessa previsione calcolata dal modello americano GFS (linea gialla tratteggiata).
Si nota allora che, relativamente all’Italia, il modello europeo calcola ad oggi un’azione più incisiva della saccatura artica rispetto al modello americano e di conseguenza pone mediamente più a ovest gli effetti dell’irruzione fredda.