I cosiddetti terremoti tettonici costituiscono la gran maggioranza degli eventi sismici e hanno origine, in prevalenza, nella crosta terrestre, cioè nella parte più fragile del guscio rigido più esterno della Terra (litosfera).
Un terremoto tettonico avviene per fratturazione e successivo scorrimento relativo di blocchi litosferici i quali sono separati da una "faglia" (cioè da una frattura nella parte più delicata della litosfera).
Durante il terremoto l’energia elastica accumulata sotto l’azione di vari sforzi meccanici è rilasciata all'improvviso. Tale energia viene distribuita in parte sotto forma di onde sismiche, in parte determinando deformazioni permanenti del terreno, sviluppo di calore, e altri fenomeni.
Le vibrazioni del terreno causate dal terremoto, le be note "onde sismiche", si trasmettono in tutte le direzioni attraverso il terreno stesso, proprio a partire dalla faglia.
Le onde che si propagano dalla sorgente sismica provocano nel mezzo attraversato una deformazione temporanea, ossia uno scuotimento del suolo, la cui ampiezza massima, in generale, diminuisce con la distanza dalla sorgente.
I terremoti sembrano accadere in modo casuale, un po' come i fenomeni atmosferici, ma la sismicità, in realtà, proprio come l'atmosfera, presenta un andamento solo apparentemente aleatorio. Può invece essere spiegata da meccanismi ben determinati, che si originano dai moti convettivi del mantello terrestre e nel conseguente moto delle zolle litosferiche sovrastanti.
Le basi degli studi sulle sorgenti dei terremoti iniziano dalla teoria del rimbalzo elastico, formulata nel 1911, a seguito del devastante terremoto di San Francisco del 1906. Una sorgente sismica è un oggetto di dimensioni finite, rappresentabile come una porzione di faglia immersa nella litosfera, dove il fronte della frattura si propaga lungo il piano di faglia con una serie di dislocazioni che hanno origine nel cosiddetto ipocentro.
La profondità dell’ipocentro può raggiungere anche centinaia di chilometri, ma la maggior parte dei terremoti avviene nella parte più superficiale e fragile della Terra (cioè la crosta) e quindi a una profondità di poche decine di chilometri. La proiezione verticale dell’ipocentro sulla superficie terrestre è quella che chiamiamo come epicentro.
In generale, più è estesa la frattura, più è violento il terremoto. Ad esempio, durante quello di Loma Prieta, che colpì proprio l’area di San Francisco nel 1989 (con epicentro a circa 100 km a sud della città), la faglia di San Andreas si ruppe per circa 50 km, mentre, in occasione di quello ancora più disastroso che distrusse la stessa San Francisco nel 1906, la rottura si estese per ben 250 km.
Nel caso di terremoti con ipocentro superficiale o di eventi molto violenti, la rottura della faglia può giungere fino alla superficie. Ad esempio, dopo il terremoto che ha colpito la Campania-Basilicata nel 1980, si è determinata sulla superficie terrestre una frattura di alcune decine di chilometri.