E' vero, il Sole fa bene, in particolare i raggi ultravioletti, UV, promuovono la formazione della vitamina D, che a sua volta rende possibile fissare il Calcio nelle ossa.
Ma gli stessi UV, presi in dosi eccessive, possono nella migliore delle ipotesi provocare scottature. Nella peggiore, sono cancerogeni (tumori della pelle: i melanomi).
Ma non tutti i raggi ultravioletti sono uguali. Al crescere della frequenza abbiamo infatti:
UVA: sono i responsabili dell'abbronzatura. Producono però radicali liberi, invecchiando la pelle. Nello spettro elettromagnetico vanno dai 320 ai 400 nm (nanometri, miliardesimi di metro) e rappresentano il 94% degli UV che raggiungono la superficie terrestre.
UVC: estremamente pericolosi e cancerogeni. La lunghezza d'onda va dai 200 ai 280 nm e in questo caso vengono "completamente" schermati dall'Ozono stratosferico, del quale però dobbiamo tornarne a parlare fra poco. Ma attenzione: se la sua concentrazione diminuisce dell'1%, aumenta l'incidenza dei raggi UVB di circa il 2%.
Anche la pelle è diversa da persona a persona. Gli effetti dell'esposizione al Sole (e gli eventuali danni) variano a seconda del tipo di epidermide. Per questo nei confronti degli UVA e UVB si classificano alcuni fototipi:
Evitando di parlare (e usare) di creme abbronzanti (che provocano una produzione artificiale di melanina) e di discutibili lampade rispetto alle quali non entro nel merito, cosa fare dunque per abbronzarsi senza rischi e in modo naturale? I consigli, validi tanto più si ha a che fare con pelle chiara, sono in fondo quelli di sempre e che conoscono un po' tutti, ma che per pigrizia o superficialità, si trascurano:
Si è già accennato alla pericolosità degli UVB e soprattutto UVC. I primi perché giungono fino alla superficie terrestre, seppur ridotti; i secondi perché a causa del famoso buco dell'ozono non sono più completamente bloccati, ma possono riuscire in parte ad attraversare l'atmosfera a seconda delle zone geografiche e del periodo dell'anno. E' proprio l'Ozono, infatti, a proteggerci dai raggi ultravioletti. Quello strato di Ozono che si trova per il 90% tra i 15 ei 35 Km di altitudine, nella parte bassa della stratosfera. Un gas la cui molecola è formata da 3 atomi di ossigeno e che al livello troposferico e al suolo è tossico e irritante, ma prezioso invece è il filtro che produce nelle zone alte dell'atmosfera, dove la concentrazione è regolata dalle seguenti reazioni chimiche:
Per mantenere costante la quantità di ozono nella stratosfera (che comunque è legata anche a condizioni meteorologiche) queste reazioni fotochimiche devono essere in equilibrio tra loro. Se non intervengono altri fattori, l'ozono raggiunge quindi un cosiddetto stato stazionario, regolato dalla quantità di luce e di ossigeno presente e soggetto a normali oscillazioni stagionali. Le correnti stratosferiche poi trasportano l'ozono dalle regioni tropicali a quelle polari. Ma le reazioni sono facilmente perturbabili da molecole come i clorofluorocarburi (CFC), i bromurati e gli ossidi di azoto. Negli anni '70 si è infatti assistito a una diminuzione della quantità di ozono nella stratosfera sopra l'Antartide, un vero e proprio "buco" nel già sottile strato di ozono della primavera antartica a causa dell'immissione in atmosfera da parte dell'uomo di massicce quantità di CFC (poi banditi), non tossici e chimicamente inerti e quindi molto usati come liquidi refrigeranti nei frigoriferi e nei condizionatori, come solventi, come propellenti e nella produzione di schiume espanse. Una volta immessi in troposfera però vi rimangono per anni, e sfortunatamente perturbano il delicato equilibrio dinamico dell'ozono, perché il Cloro può diventare un potente catalizzatore. In grado cioè di entrare a far parte delle reazioni chimiche di cui sopra accelerando quella che consuma ozono o decelerando quella che lo produce, con il risultato netto di ridurne la concentrazione media. I clorofluorocarburi provocano una diminuzione primaverile molto massiccia di ozono sull'Antartide. D'inverno infatti (quando al Polo Sud non arriva la luce del Sole) si formano le nubi stratosferiche polari (PSC) perché le temperature scendono sotto i -80°C e allora si formano delle nuvole di acido nitrico triidrato ed acqua. Queste contengono particelle di ghiaccio che promuovono grandi quantità di cloro molecolare gassoso che poi al primo sole primaverile si dissocia formando cloro monoatomico radicale ed innescando così la reazione di catalizzazione con l'ozono. In tarda primavera le nubi stratosferiche polari si dissolvono, i meccanismi di distruzione catalitica si arrestano ed il "buco" quindi si richiude.
Il problema del buco dell'ozono non è completamente risolto e naturalmente riguarda anche possibili danni a flora e fauna. Si è inoltre osservato come l’assottigliamento dello strato di ozono interessi anche le medie latitudini. Questo fenomeno non ha una componente stagionale così marcata come nelle regioni polari, ma è stato calcolato che una diminuzione del 10 % dell'ozono può comportare un aumento del 26% dei tumori della pelle. Dunque sono stati creati dei sistemi di monitoraggio e di previsione mediante l'elaborazione di un indice utile per determinare le condizioni a cui ci si troverebbe di fronte in caso di esposizione in una data zona e in un certo periodo dell'anno. Un ottimo e approfondito esempio è dato dal Tropospheric Emission Monitoring Internet Service, TEMIS, di cui riportiamo una tabella che associa i valori dell'indice con le condizioni di esposizione.
Categoria di esposizione | Indice UV | Raccomandazioni |
Bassa | 0-2 | Nessuna protezione |
Moderata | 3-5 | Protezione richiesta. Nelle ore centrali della giornata evitare l'esposizione diretta |
Alta | 6-7 | Protezione richiesta. Nelle ore centrali della giornata evitare l'esposizione diretta |
Molto alta | 8-10 | Protezione richiesta quasi totale. Evitare completamente l'esposizione nelle ore centrali della giornata |
Estrema | >11 | Protezione richiesta totale. Evitare completamente l'esposizione nelle ore centrali della giornata |
TEMIS
Scienze ambientali - Università di Bologna sede di Ravenna
Arpa Valle d'Aosta