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L'Effetto Serra, un'arma a doppio taglio? Terza puntata: il futuro più o meno prossimo...
 

Tendenza temperatura media annuale 1950-1999

Agli inizi di questo secolo, l'IPCC ha stilato i seguenti possibili gli scenari futuri.

Biossido di Carbonio (CO2)

La misura e la rapidità del cambiamento climatico per opera dell’uomo dipenderanno in larga parte dal tasso di emissione di gas serra che esso introdurrà nell’atmosfera. Se continueremo ad usare l’attuale tecnologia, con le popolazioni e l’economia mondiale in continuo sviluppo, le emissioni di CO2 continueranno inesorabilmente ad aumentare. Fino ad alcuni decenni fa, il consumo di energia si è sviluppato di pari passo con il prodotto nazionale lordo.

Dopo le interruzioni della fornitura di petrolio del 1973 e 1979, la gente ha fatto sforzi notevoli per diminuire il consumo di energia: isolamenti migliori, automobili a basso consumo, carburante ed elettrodomestici che risparmiano maggiormente energia.

La tendenza sarà verso un miglior utilizzo dell’energia ed un maggior uso di combustibile non-fossile? Per la proiezione delle future emissioni di anidride carbonica, gli studiosi dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) prevedono in tutti gli scenari che la popolazione mondiale aumenterà dai 6 miliardi di oggi fino ai 8.6 miliardi intorno al 2050, con un successivo calo a 7.1 miliardi nel 2100.


In tutte le proiezioni, è previsto un rapido sviluppo economico, con il prodotto interno lordo globale in aumento fino ai 525-550 trilioni di dollari nel 2100, rispetto ai 21 trilioni di dollari nel 1990. Gli scenari però differiscono ampiamente quando entra in gioco l’energia prodotta.Con la previsione più ottimistica, nel 2100 l’85% di energia sarebbe prodotta utilizzando risorse alternative (non fossile). Con quella più pessimistica invece, il combustibile non-fossile fornirebbe soltanto il 31% di energia, sempre nel 2100.

Con questi presupposti, le emissioni globali annue di anidride carbonica, prodotta utilizzando il combustibile fossile, aumenterebbero, con il più alto scenario, dai 6 gigatoni del 1990 ai 30.3 GT l’anno, ma cadrebbero a 4.3 GT nel 2100 nello scenario più basso. Valutando una proiezione media invece, le emissioni aumenterebbero di circa 13 GT nel 2100.

Ipotizzando che le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera aumentino durante il prossimo secolo. Le proiezioni dell’IPCC calcolano che le concentrazioni di CO2 debbano variare da 540 a 970 parti per milione (ppm) entro l’anno 2100, il 90 - 250% superiore alla concentrazione verso la fine del 1700. La concentrazione attuale è di circa 370 ppm, 95 ppm più grande della concentrazione pre-industriale. Quindi, i piani d’azione dell’IPCC implicano che l’umanità nel prossimo secolo potrebbe aumentare la CO2 da due a sei volte tanto rispetto all’aumento registrato nel secolo scorso.

Energia solare schermata dai solfatiMetano (CH4)

Le emissioni del metano non sembrano destinate ad aumentare velocemente quanto le emissioni dell’anidride carbonica. Le risaie sono una sorgente importante, ma c’è un limite all’aumento di terreni adibiti alla coltivazione del riso. I piani d’azione dell’IPCC mostrano le emissioni del metano che nel 2100 variano da 236 a 889 milioni di tonnellate, rispetto a 310 milioni di tonnellate del 1990. L’IPCC valuta che la concentrazione futura di metano nell’atmosfera varierebbe da 1570 parti per miliardo (ppm) a 3730 ppm nel 2100. La valutazione più bassa è sotto l’odierno livello di ppm, approssimativamente 1760; la cifra più elevata è il doppio dell’odierna concentrazione.

Protossido d’azoto (N2O)

Il protossido d’azoto, emesso dai fertilizzanti e da altre attività umane, nel 2100 potrebbe diminuire del 20% o aumentare del 150 per cento, rispetto alle odierne emissioni. La concentrazione corrente di 316 ppm è circa 40 volte più grande della concentrazione pre-industriale. L’IPCC stima che nel 2100 la concentrazione del protossido d’azoto potrebbe essere di 354-460 ppm, cioè di 80-186 ppm in più della concentrazione pre-industriale. Quindi nel prossimo secolo l’umanità potrebbe aumentare l’effetto serra del protossido d’azoto da uno a quattro volte in più rispetto al secolo appena trascorso.

Biossido di zolfo (SO2)

L’IPCC valuta che le emissioni di biossido di zolfo (o anidride solforosa) scenderà dal 30 al 70% nel 2100, nell’ipotesi che i governi si impegnino a ridurre queste emissioni, responsabili fra l’altro delle piogge acide. A differenza dell’anidride carbonica e della maggior parte dei gas serra, l’anidride solforosa non si sta accumulando nell’atmosfera. Quindi, un declino del 70% nelle emissioni condurrebbe ad un declino del 70% di concentrazione nell’atmosfera. Di conseguenza, l’effetto di raffreddamento prodotto dagli aerosol di solfato nel prossimo secolo è relativamente meno importante dell’effetto serra prodotto in passato.

Approfondiamo ulteriormente il discorso sulle temperature.

Durante il secolo scorso la superficie terrestre ha subito un riscaldamento compreso fra 0.45 e 0.6°C. Anche la temperatura degli oceani è cresciuta con un valore simile. Circa i due terzi di questo riscaldamento si collocano nel periodo 1900-1940. In seguito le temperatura media del pianeta ha subito un lieve calo dal 1940 fino al 1970, ma negli ultimi 25 anni è aumentata più velocemente che nel periodo 1900-1940. Le temperature al suolo non stanno aumentando uniformemente. Le minime notturne aumentano di circa due volte più velocemente delle massime. Gli inverni delle zone comprese fra le latitudini di 50° e 70° (dove si colloca il Nord Europa e l’Inghilterra) si stanno riscaldando piuttosto velocemente, mentre le temperature estive mostrano una tendenza al rialzo abbastanza contenuta. Le aree urbane si stanno riscaldando più velocemente di quelle rurali, causa la cementificazione e degli elevati consumi di energia che avvengono nelle zone densamente sviluppate (caratteristica conosciuta come "isola di calore").

Il riscaldamento non ha comunque interessato tutte le regioni del nostro pianeta. Per esempio le regioni che si trovano sottovento ai siti industriali dove viene emessa anidride solforosa, si sono generalmente raffreddate. Questo fenomeno è ben evidenziato dalle due immagini riportate in alto. La prima mostra le zone di riscaldamento e raffreddamento nel periodo 1950-1999. La seconda, invece, indica la quantità di radiazione solare ricevuta che viene ostruita dalla nube dei solfati presenti in atmosfera e che si colloca sottovento alle emissioni industriali di anidride solforosa. Anche se gli scienziati hanno prove inconfutabili che la superficie terrestre e gli oceani si stanno riscaldando, alcuni non sono ancora pienamente convinti che l’atmosfera tenda a riscaldarsi in modo così rapido. I dati satellitari riguardanti le temperature comprese fra 1500 e 9000 metri circa, che comprendono un intervallo di tempo che parte dal 1979 fino ad oggi, mostrano addirittura in alcuni anni, un’inversione di tendenza rispetto al riscaldamento superficiale. Tuttavia il periodo preso in analisi è molto breve e non è sufficiente per evidenziare con sicurezza il comportamento della temperatura atmosferica. Difficile dunque abbinare i vari riscaldamenti e raffreddamenti di questo periodo ed associarli ad eventi naturali o a cause antropiche.I palloni sonda che i ricercatori hanno usato per misurare le temperature fino ai limiti della Troposfera dal 1958 ad oggi, hanno evidenziato una tendenza al riscaldamento generale simile a quello registrato in superficie. Ma se consideriamo il periodo 1979-2000, i dati dei palloni sonda si avvicinano a quelli registrati dai satelliti. Appare evidente quindi, che la temperatura superficiale è soggetta a maggiori mutamenti nell’arco di breve tempo.Bisogna tener presente anche degli errori di misura, associati alla tecnologia satellitare ed anche dalle variazioni di breve durata della temperatura, dovuti all’assottigliarsi dello strato di ozono, oppure dalle influenze de "El Niño". Questi fattori possono essere responsabili della mancata tendenza al riscaldamento nel breve periodo analizzato dal satellite. Per molti scienziati, l’assenza d’una tendenza al riscaldamento nei dati satellitari fornisce un’ulteriore prova che c’è ancora molto da imparare e da scoprire sul clima del nostro pianeta.


 
Intanto uno studio dell’EPA, ha valutato che il livello del mare ha una probabilità del 50% di aumentare di 45 centimetri entro l’anno 2100, ed una probabilità dell’1% di un aumento di circa 110 centimetri.Alcuni scienziati ritengono che la copertura glaciale nell’Ovest dell’Antartide potrebbe scivolare negli oceani dopo un prolungato riscaldamento, o per altri fattori, sempre responsabili di un innalzamento marino. La vulnerabilità di questa calotta glaciale non è ancora del tutto chiara, comunque contiene abbastanza ghiaccio da alzare il livello del mare di 6 metri e gli scienziati sono concordi nel dire che durante l’ultimo periodo interglaciale il livello del mare era 6 metri più alto di oggi e che la temperatura era leggermente superiore. Durante uno studio effettuato dall’EPA è stato chiesto il parere di 8 glaciologi degli Stati Uniti sulla vulnerabilità di questa grande copertura glaciale. Tutti, tranne uno, sono giunti alla conclusione che l’Antartide può dare solo un contributo trascurabile all’innalzamento del livello del mare durante il prossimo secolo. Tuttavia, sono concordi nell’affermare che esiste un certo rischio di un drastico crollo della coltre ghiacciata. Questo potrebbe accadere fra circa due secoli se le temperatura dell’acqua polare si riscaldasse di alcuni gradi. La maggior parte degli scienziati hanno valutato che tale rischio ha una probabilità compresa fra l’1 e il 5%. A causa di questo rischio, come pure la possibilità di una fusione dei ghiacciai della Groenlandia più alta del previsto, l’EPA valuta che sussiste una probabilità dell’1% che il livello del mare aumenti di più di 4 metri nei prossimi due secoli.

Conclusioni e prospettive

La relazione dell’IPCC, punto di riferimento in materia, non pone di certo la parola fine al dibattito sul cambiamento climatico, ma dichiara che le emissioni di gas a effetto serra provocate dalle attività umane sono causa di un riscaldamento globale che potrebbe avere conseguenze devastanti su di noi, sulle nostre economie e sul nostro ambiente. Tirando le conclusioni, si può notare come sia molto difficile fare previsioni affidabili sul clima che ci aspetta in futuro. Si possono comunque ipotizzare diversi scenari sulle conseguenze dell’effetto serra sul nostro pianeta nei prossimi decenni. Vediamone alcuni:
  • Estremizzazioni climatiche con frequenti e veloci variazioni di temperatura e pressione;
  • Grande instabilità meteorologica, con successivo aumento di uragani, tifoni e fenomeni alluvionali;
  • Desertificazione di vasti territori oggi coperti da vegetazione e contemporaneo aumento del livello del mare causa lo scioglimento dei ghiacciai e l’aumento di volume specifico dell’acqua dei mari;
  • A causa dell’aumento del livello del mare è molto probabile che verranno allagate città ed altre zone abitate in prossimità della costa;Probabile estinzione di centinaia di migliaia di specie animali e vegetali con effetti imprevedibili sull’intero equilibrio biologico della Terra;
  • Gli oceani diventerebbero più acidi, causando la distruzione di coralli e vita marina;in Africa fino a 250 milioni di persone potrebbero trovarsi a dover affrontare serie carenze idriche entro il 2020. 
  • Diversi effetti collaterali ancora difficilmente ipotizzabili.
La situazione sarà particolarmente grave se la temperatura aumenterà di oltre 2ºC rispetto ai livelli preindustriali. Oltre questo limite, ammonisce l’IPCC, gli effetti del cambiamento climatico diventerebbero sempre più improvvisi o addirittura irreversibili. Ecco perché l’Unione europea è determinata ad assicurarsi che la comunità internazionale intervenga per impedire che il riscaldamento globale superi tale limite.Ma si può ancora intervenire. Secondo l’IPCC, infatti, è ancora possibile adottare provvedimenti (realizzabili dal punto di vista economico) che ci permettano di rallentare il cambiamento climatico o di predisporre le misure necessarie per adattarci a esso. L’inazione sarebbe dispendiosa per la Terra, in termini di danni sia all’ambiente naturale sia alle nostre economie, mentre affidarci da subito alle nostre conoscenze sarebbe garanzia di un forte risparmio in tutti i sensi. Molte tecnologie e pratiche in grado di aiutarci a ridurre le emissioni (tramite, ad esempio, una maggiore efficienza energetica, l’uso di fonti di energia rinnovabili o una migliore gestione dei rifiuti) sono già disponibili o in fase di sviluppo e quindi pronte a essere impiegate nel prossimo futuro.Il problema sta però nelle barriere, innalzate ad esempio dai conflitti, dalla povertà e dalla mancanza di informazioni, che si frappongono spesso tra le tecnologie e il loro impiego. I governi di tutto il mondo devono dare la priorità alla rimozione di questi ostacoli, commenta l’IPCC, perché fino a quando il cambiamento climatico non sarà sotto controllo, tutti gli altri obiettivi di progresso e sviluppo sostenibile dell’umanità saranno a rischio.