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Tropicalizzazione dei climi nelle regioni mediterranee: quello che si diceva nel 1996
 

Tropicalizzazione del clima

Con riferimento al quinquennio 1991-1995 si considerano le variazioni climatiche in atto nel comparto costiero italiano più direttamente esposto all’influenza del Mediterraneo. Ciò al fine di valutare gli aspetti che maggiormente possono delineare processi di tropicalizzazione presenti in tali regioni.

Per spiegare (giustificare) le improvvise e brusche variazioni, cui il tempo meteorologico sembra essere soggetto con frequenza sempre maggiore negli anni più recenti, si tende ad ipotizzare processi di tropicalizzazione in atto alle medie latitudini ed in particolare nel bacino del Mediterraneo per quanto riguarda più direttamente il nostro territorio. Come è noto, alla base dei climi tropicali si collocano aspetti geografici e astronomici (non certo trasferibili altrove) che ne determinano gli specifici caratteri. Il fatto, ad esempio, che ai tropici l’altezza del Sole sull’orizzonte (aspetto astronomico) vari poco nel corso dell’anno, assume una specifica ripercussione sul campo termico che di conseguenza presenta variazioni relative molto contenute nelle due stagioni estreme. Sulle precipitazioni hanno invece prevalente influenza la circolazione degli Alisei o quella dei Monsoni, presenti questi ultimi solo nella fascia longitudinale compresa fra 60°-180° Est (aspetto geografico): ad essi si deve la tendenza alla concentrazione dell’apporto pluviometrico in un determinato periodo dell’anno (stagione delle piogge).Ecco allora che il clima tropicale propone come caratteristiche di base temperature elevate nell’intero corso dell’anno, escursioni termiche alquanto contenute, una stagione delle piogge nel periodo estivo e una stagione arida nel periodo invernale (vedi figura).

Se questi sono gli aspetti principali che caratterizzano il clima tropicale, va da sé che per tropicalizzazione di un clima si devono intendere tendenze più o meno spiccate verso alcuni di questi aspetti specifici. Va detto però che aldilà della tendenza o meno di alcune grandezze climatiche a modificarsi nel senso sopraindicato (si deve comunque escludere l’ipotesi di temperature elevate durante l’intero arco dell’anno come avviene nelle regioni tropicali), nel caso dei nostri climi per tropicalizzazione si devono soprattutto intendere le brusche variazioni meteorologiche che nel corso dell’anno si vanno manifestando con maggiore ricorrenza. Le repentine e consistenti variazioni termiche, l’avvicendarsi di condizioni estremamente siccitose con situazioni addirittura alluvionali, le violente manifestazioni atmosferiche improvvise dopo periodi di stabilità, sono aspetti che certo preludono a modificazioni del quadro climatico nel suo complesso. In definitiva, ciò che induce a propendere per processi di tropicalizzazione in atto alle nostre latitudini, sono più i passaggi dalle gradualità tipiche dei climi temperati agli improvvisi e bruschi cambiamenti meteorologici caratteristici viceversa dei climi tropicali, che non le variazioni dei valori medi che caratterizzano le grandezze climatiche individuali.

Agli aspetti di tipo essenzialmente comportamentale del tempo meteorologico, si possono tuttavia affiancare modificazioni puntuali delle componenti climatiche, quali ad esempio:aumento della temperatura media;diminuzione dell’escursione termica;aumento delle precipitazioni nella stagione calda e diminuzione di queste nella stagione fredda.Con riferimento ad alcune stazioni meteorologiche rappresentative dei versanti costieri italiani più direttamente esposti all’influenza del Mediterraneo, si valutano le variazioni climatiche occorse nell’ultimo quinquennio, al fine di verificare l’esistenza o meno di tendenze che risultino in accordo con quanto indicato ai punti sopraelencati. I valori medi di alcune grandezze particolarmente significative e attribuibili al quinquennio 1991-1995 sono messi a confronto con i corrispondenti valori climatici di un trentennio precedente. Ne esce un quadro piuttosto interessante che sta ad indicare come effettivamente nel versante costiero italiano più direttamente esposto al Mediterraneo siano riscontrabili alcune tendenze che, se confermate e consolidate nel tempo, potranno avvalorare l’ipotesi di un processo di tropicalizzazione in atto in quell’area geografica. L’evidente diminuzione media delle precipitazioni invernali cui si contrappone un certo incremento estivo e l’aumento della temperatura media annua, sono ad esempio due aspetti sicuramente interessanti in tal senso. L’escursione termica annua risulta invece pressoché invariata e le variazioni individuali nelle località prese in esame risultano in netto disaccordo fra loro.


In prima analisi si può quindi dire che indicazioni di mutamenti in atto, alcune delle quali proprio nella direzione cercata, sembrano effettivamente delinearsi almeno nell’area climatica considerata, anche se certamente per trarre conclusioni definitive si rendono necessarie indagini più accurate e opportune in ambito spazio-temporale. Sulle cause invece che possono condurre alle modificazioni climatiche, si può avanzare solo qualche considerazione generale, sulla base di quanto viene affermato negli ambienti scientifici più accreditati. Un aspetto che trova unanime consenso fra i ricercatori è che l’incremento dell’effetto serra conseguente al massiccio inquinamento dell’atmosfera. Il segnalibro non è definito. ad opera soprattutto del biossido di carbonio (C02) prodotto dalle molteplici attività dell’uomo, operi significative interferenze negli scambi termici esistenti fra superficie terrestre e spazio sovrastante. A tali interferenze sono attribuibili possibili modificazioni stagionali nella distribuzione geografica dei campi meteorologici primari (campi termici e barici), con significative ripercussioni sulle vicende del tempo meteorologico.Nel Mediterraneo ad esempio, sembrerebbe essere aumentata la frequenza di condizioni di tempo stabile nei mesi della stagione fredda per una maggior presenza di campi anticiclonici, con conseguente aumento della temperatura media invernale e diminuzione delle precipitazioni particolarmente in tale periodo dell’anno. Sono aspetti quelli considerati che certamente richiedono una verifica su tempi opportuni, così come le ripercussioni che l’aumentato effetto serra potrà avere sui futuri assetti climatici generali.


Certo è che le immissioni di gas serra continuano ad avvenire a pieno ritmo e non potranno non essere in qualche misura recepite dai delicati meccanismi che regolano i climi sulla Terra. Nel recente Congresso di Roma sullo stato globale del clima, che ha visto riuniti circa 400 esperti di tutto il mondo, sono stati espressi pareri concordi sulle ripercussioni che potrà avere sulla temperatura della Terra la continua immissione di CO2 in atmosfera, derivante dal massiccio impiego di combustibili fossili (petrolio e carbone). Allo stato attuale, è stato detto in quella sede, è già possibile affermare con certezza che la temperatura sta aumentando (incomincia cioè ad essere chiaramente evidente un suo incremento medio globale rispetto al cosiddetto “rumore di fondo”). Ne consegue la necessità di concertare opportune risoluzioni internazionali volte al contenimento dei consumi di energia, o ancor meglio ad individuare nuove strategie che riconsiderino l’impiego delle energie stesse e la loro produzione, se si vogliono in qualche modo evitare nei prossimi decenni scenari climatici poco auspicabili e rassicuranti. Non sarà certo cosa facile coniugare le nuove indilazionabili strategie con gli enormi interessi economici in gioco, giacché i grandi paesi produttori ostacoleranno in tutti i modi le decisioni volte al contenimento e alla riduzione del consumo dei combustibili tradizionalmente impiegati. Accertata la responsabilità dell’uomo, come ormai sembra cosa indubbia, non restano che interventi decisi e comuni volti ad evitare, se possibile, l’irreversibilità dei meccanismi che si sono attivati.


Tratto da un articolo di Gianfranco Simonini, AER, Maggio '96.