È noto che la causa principale del moto delle masse d’aria a livello planetario, è la differenza di temperatura che si determina tra i poli e l’equatore, dovuta alla diversa quantità di energia per unità di superficie irradiata dal Sole. In questo modo si mantengono attive sia le correnti delle celle polari e tropicali, che quelle occidentali delle medie latitudini. In assenza di scambi termici tra l’aria calda delle basse latitudini e quella fredda delle zone polari, la temperatura aumenterebbe all’equatore, i poli diverrebbero sempre più freddi, mentre le correnti occidentali si rafforzerebbero progressivamente.
Simulazioni matematiche indicano che, se la situazione ipotetica descritta durasse tre mesi, ai poli si raggiungerebbero –100°C, +60°C all’equatore e alle medie latitudini i venti spirerebbero fino a 300 km/h; in pratica si stabilirebbero condizioni di vita impossibili.Fortunatamente, quando si raggiungono condizioni critiche di stabilità, l’atmosfera reagisce interrompendo le correnti occidentali e formando enormi onde, ampie migliaia di km nel senso meridiano, dette “onde di Rossby”; nell’emisfero settentrionale, sul lato occidentale dell’onda, l’aria calda si spinge verso Nord, mentre sul lato orientale l’aria fredda scende verso Sud; in questo modo i poli vengono riscaldati, le zone equatoriali raffreddate e le correnti occidentali rallentate.
Le invasioni di masse d’aria fredda di origine artica che periodicamente interessano le zone temperate, vanno quindi inquadrate in questa logica di dinamica atmosferica.Temperature polari insolitamente basse nel semestre freddo e il persistere di correnti occidentali poco ondulate possono quindi preludere ad invasioni di aria artica verso le regioni a clima temperato delle medie latitudini come accadde nel 1983, quando in Ottobre si registrarono temperature più basse del normale a Nord del circolo polare artico, con conseguente precoce formazione di una banchisa molto spessa.