Dopo aver introdotto il concetto di alluvione e le configurazioni bariche tipiche che le determinano (fermo restando l'importanza dell'orografia e di altri aspetti) approfondiamo l'argomento, prima delle conclusioni, affrontando il problema della previsione meteorologica di questi fenomeni.
Oggi la previsione dello stato del tempo nel breve termine ha sicuramente raggiunto un elevato grado di attendibilità e di dettaglio, mantenendo in genere anche nel medio termine l’attendibilità richiesta, sia pure con il naturale progressivo decadimento temporale del dettaglio che una procedura prognostica necessariamente impone. E questo grazie a prodotti operativi realizzabili mediante opportuni modelli numerici, a scala emisferica per il medio termine e ad area limitata per il breve termine (previsione da zero a 72 ore). Nel caso però di situazioni che si concluderanno con conseguenze alluvionali non sempre è possibile dare alla previsione l’attendibilità e il dettaglio necessari con l’anticipo richiesto, onde permettere gli opportuni interventi cautelativi e preventivi nei territori alluvionabili. E questo perché un importante aspetto non ancora soddisfacentemente risolto dai modelli numerici è quello riguardante proprio la risoluzione dell’entità e distribuzione delle precipitazioni, anche nelle proiezioni a più breve termine (24-48 ore).
A questo non trascurabile inconveniente possono in parte sopperire da un lato la profonda conoscenza della geomorfologia dei territori e delle conseguenti ripercussioni sui flussi atmosferici incidenti, dall’altro le preziose esperienze derivanti dalle numerose situazioni alluvionali precedenti (climatologia delle alluvioni e scenari meteorologici tipo). Il contributo derivante dalla profonda conoscenza del territorio affiancato ad un valido supporto climatologico del fenomeno rappresenta un aspetto quanto mai prezioso.
Un aspetto molto importante in ambito previsionale è sicuramente rappresentato dalla presenza di situazioni di blocco della circolazione atmosferica, giacché precipitazioni molto abbondanti e spesso alluvionali, conseguenti generalmente a prolungata persistenza locale dell’evento pluviometrico, trovano quasi sempre collegamento con la presenza di tali particolari assetti circolatori. È però necessario distinguere le alluvioni estive, conseguenti a violenta attività temporalesca, dalle alluvioni autunnali che in Italia costituiscono gran parte degli episodi, prodotte invece da precipitazioni non necessariamente molto intense, bensì molto persistenti per l’azione esercitata da situazioni circolatorie che bloccano o comunque rallentano notevolmente il transito delle perturbazioni sul nostro territorio.
La stagione autunnale, che può prendere avvio già dall’inizio di Settembre con le prime irruzioni fredde da Nord-Ovest sul Mediterraneo occidentale, è il periodo più propizio a situazioni di blocco meteorologico che derivano in genere dall’ampliamento delle onde lunghe presenti nella fascia di correnti occidentali che in tale stagione si trasferiscono a latitudini più meridionali. In tali circostanze le perturbazioni atlantiche in movimento verso levante sono forzate su traiettorie molto estese in senso meridiano, che ne rallentano o appunto ne bloccano lo spostamento in senso zonale. Se alle quote superiori la saccatura d’onda posiziona il suo asse ad Ovest dell’Italia e sull’Europa orientale è presente un promontorio dinamico ben sviluppato e consolidato, i persistenti flussi perturbati provenienti dai quadranti meridionali apportano sulle nostre regioni precipitazioni molto abbondanti, con possibili conseguenze alluvionali.
Ma sui blocchi meteorologici, che interessano la regione euroatlantica e l’Europa mediterranea, hanno ampiamente indagato M. Montalto, M. Conte, e M. Urbani, realizzando un’interessante climatologia del fenomeno.Posta l’attenzione sulle situazioni dinamicamente più stabili e caratterizzate quindi da una maggiore persistenza, come risultano essere i blocchi bicellulari composti da cella anticiclonica calda posizionata a Nord e cella depressionaria fredda posizionata più a Sud, in un allineamento meridiano o quasi, gli autori ne hanno descritto gli aspetti climatici principali, come la genesi, la durata e il dissolvimento, posizionandoli inoltre geograficamente nell’ampia regione euroatlantica.
Va specificato a questo punto che per blocco a bicella si intende un tipo di circolazione atmosferica rispondente alle seguenti caratteristiche di base:
a) la corrente zonale della media Troposfera è suddivisa in due rami aventi ciascuno una spiccata componente meridiana: la prima verso Nord, la seconda verso Sud;
b) a levante di tale biforcazione compare un’ampia zona a struttura cellulare, caratterizzata a Nord da una o più celle di alta pressione e a Sud da una o più celle di bassa pressione, allineate o quasi in senso meridiano;
c) al blocco della circolazione nella media Troposfera corrisponde, nelle zone sottostanti la sua zona centrale, assenza di circolazione oppure una circolazione inversa (da Est verso Ovest) rispetto a quella normale.
Fatta questa necessaria specificazione, si espongono gli aspetti di maggior spicco, emersi dallo studio di 116 situazioni di blocco che gli autori sopraccitati hanno selezionato nel ventennio 1951-1970. Un primo aspetto che emerge dall’indagine è che questi sistemi circolatori assumono in genere un carattere oscillatorio di posizione (si considera come posizione di riferimento la biforcazione delle correnti) e cioè: insorgenza in una data posizione che si pone con massima frequenza intorno a 18° di longitudine Ovest, segue un periodo di moto retrogrado (7-8 gradi di longitudine) e un periodo di avanzata verso Est prima del dissolvimento del sistema (6-7 gradi di longitudine). Limitatamente ai sistemi di blocco con durata superiore ai 5 giorni (in genere quelli che si formano sul mare), l’indagine ha evidenziato una frequenza massima in corrispondenza alla durata di 7 giorni e una durata media di 10.5 giorni; la distribuzione di frequenza del fenomeno risulta contenuta in gran parte nell’area con durata inferiore agli 8 giorni. È stato rilevato inoltre che i casi, che vanno a comporre la frequenza massima di 7 giorni, si riscontrano particolarmente nelle stagioni di transizione e che le durate superiori ai 20 giorni si presentano esclusivamente nel primo semestre dell’anno, con preferenza per i primi tre mesi.
Data della | Valore di | Data della | Valore di | |
19.11.52 | --- | 25.10.57 | 27 | |
26.10.43 | --- | 10.11.57 | 26 | |
26.10.54 | 24 | 22.11.57 | 26 | |
24.01.55 | 29 | 01.03.58 | 20 | |
26.02.56 | 22 | 15.04.58 | 23 | |
25.03.56 | 22 | 26.10.59 | 30 | |
29.04.56 | 27 | 17.02.60 | 20 | |
13.11.56 | 23 | 06.01.61 | 21 | |
01.12.56 | 29 | 12.01.61 | 25 | |
17.01.57 | 20 | 19.10.61 | 30 | |
26.03.57 | 26 | 30.10.61 | 25 | |
02.10.57 | 35 | 14.11.61 | 24 | |
05.10.57 | 33 | 26.10.64 | 26 |
Al fine di indicare un metodo obiettivo e relativamente semplice per definire con qualche anticipo le regioni del territorio nazionale interessabili da intense ed estese precipitazioni, S. Palmieri e C. Finizio, sono pervenuti ad una interessante sintesi di informazioni desunte dallo studio di numerose situazioni alluvionali precedenti che possono ritenersi utili in sede previsionale, ad integrazione delle tecniche operative usuali.In particolare gli Autori hanno esaminato gli aspetti che legano le aree di intensa precipitazione con la posizione geografica delle perturbazioni responsabili e con l’orientamento delle isoterme nei bassi strati, correlando inoltre l’intensità degli apporti pluviometrici con i valori di un indice che considera parametri rivelatisi molto importanti in tali situazioni quali: gradiente termico verticale, contenuto di vapore nella bassa atmosfera, vicinanza dell’aria alla saturazione. Rimandando al lavoro originale, che fra l’altro si completa con la presentazione di un metodo statistico-decisionale di preallarme per le situazioni alluvionali, quanti sono particolarmente interessati all’argomento, si limita in questa sede l’esposizione alla sola parte meteorologica dello studio, riportando con la necessaria sintesi i principali aspetti trattati e i risultati ottenuti.
Utilizzata per lo sviluppo dell’indagine la topografia di 850 hPa, perché più vicina al suolo e più idonea ad evidenziare gli effetti orografici di maggiore spicco, e considerando che fenomeni particolarmente intensi ed estesi risultano in genere connessi a perturbazioni associate a depressioni ben individuate, è stato assunto per ogni situazione studiata un sistema di assi con origine posta al centro della depressione responsabile. Per considerare la distribuzione della temperatura è stata definita la direzione dell’isoterma media passante per l’origine; questa determinazione è stata effettuata unendo i due punti di intersezione dell’isoterma media con un cerchio con centro nell’origine degli assi e raggio pari a 5° di latitudine. La retta ottenuta, orientata in modo tale da lasciare l’aria fredda alla sua sinistra, è stata assunta come asse Y; l’asse X è stato determinato di conseguenza. Il piano delimitato dal sistema di assi è stato suddiviso in riquadri di 150 chilometri di lato. È stato inoltre calcolato un indice che, costruito con alcuni parametri atmosferici risultati empiricamente e fisicamente molto importanti in situazioni associate a perturbazioni particolarmente violente, come dimostrato da molte ricerche, fornisce un’idea sulla probabilità che una perturbazione possa assumere carattere alluvionale. L’indice, ottenuto dalla combinazione aritmetica dei parametri suddetti, è il ben noto K-INDEX:
Dall’alto in basso la situazione a 850 hPa rispettivamente dei giorni 2-3-4 Novembre 1966 alle ore 12 TMG. Le aree fittamente punteggiate rappresentano le zone di probabili precipitazioni intense. |