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Prevedere le situazioni alluvionali è possibile? Seconda puntata...
 

Situazione sinottica del 3 Novembre 1966

Dopo aver introdotto il concetto di alluvione e le configurazioni bariche tipiche che le determinano (fermo restando l'importanza dell'orografia e di altri aspetti) approfondiamo l'argomento, prima delle conclusioni, affrontando il problema della previsione meteorologica di questi fenomeni.

Oggi la previsione dello stato del tempo nel breve termine ha sicuramente raggiunto un elevato grado di attendibilità e di dettaglio, mantenendo in genere anche nel medio termine l’attendibilità richiesta, sia pure con il naturale progressivo decadimento temporale del dettaglio che una procedura prognostica necessariamente impone. E questo grazie a prodotti operativi realizzabili mediante opportuni modelli numerici, a scala emisferica per il medio termine e ad area limitata per il breve termine (previsione da zero a 72 ore). Nel caso però di situazioni che si concluderanno con conseguenze alluvionali non sempre è possibile dare alla previsione l’attendibilità e il dettaglio necessari con l’anticipo richiesto, onde permettere gli opportuni interventi cautelativi e preventivi nei territori alluvionabili. E questo perché un importante aspetto non ancora soddisfacentemente risolto dai modelli numerici è quello riguardante proprio la risoluzione dell’entità e distribuzione delle precipitazioni, anche nelle proiezioni a più breve termine (24-48 ore).

Nella figure che seguono viene mostrata l'evoluzione di un’onda lunga a grande ampiezza con assi inclinati verso Nord-Est (a), in una situazione di blocco a bicella (c), dopo la fase intermedia caratterizzata in questo caso dalla formazione della cellula depressionaria prima di quella anticiclonica.

Evoluzione onda lunga (a)

Evoluzione onda lunga (b)

Evoluzione onda lunga (c)


A questo non trascurabile inconveniente possono in parte sopperire da un lato la profonda conoscenza della geomorfologia dei territori e delle conseguenti ripercussioni sui flussi atmosferici incidenti, dall’altro le preziose esperienze derivanti dalle numerose situazioni alluvionali precedenti (climatologia delle alluvioni e scenari meteorologici tipo). Il contributo derivante dalla profonda conoscenza del territorio affiancato ad un valido supporto climatologico del fenomeno rappresenta un aspetto quanto mai prezioso.

Un aspetto molto importante in ambito previsionale è sicuramente rappresentato dalla presenza di situazioni di blocco della circolazione atmosferica, giacché precipitazioni molto abbondanti e spesso alluvionali, conseguenti generalmente a prolungata persistenza locale dell’evento pluviometrico, trovano quasi sempre collegamento con la presenza di tali particolari assetti circolatori. È però necessario distinguere le alluvioni estive, conseguenti a violenta attività temporalesca, dalle alluvioni autunnali che in Italia costituiscono gran parte degli episodi, prodotte invece da precipitazioni non necessariamente molto intense, bensì molto persistenti per l’azione esercitata da situazioni circolatorie che bloccano o comunque rallentano notevolmente il transito delle perturbazioni sul nostro territorio.

La stagione autunnale, che può prendere avvio già dall’inizio di Settembre con le prime irruzioni fredde da Nord-Ovest sul Mediterraneo occidentale, è il periodo più propizio a situazioni di blocco meteorologico che derivano in genere dall’ampliamento delle onde lunghe presenti nella fascia di correnti occidentali che in tale stagione si trasferiscono a latitudini più meridionali. In tali circostanze le perturbazioni atlantiche in movimento verso levante sono forzate su traiettorie molto estese in senso meridiano, che ne rallentano o appunto ne bloccano lo spostamento in senso zonale. Se alle quote superiori la saccatura d’onda posiziona il suo asse ad Ovest dell’Italia e sull’Europa orientale è presente un promontorio dinamico ben sviluppato e consolidato, i persistenti flussi perturbati provenienti dai quadranti meridionali apportano sulle nostre regioni precipitazioni molto abbondanti, con possibili conseguenze alluvionali.

Ma sui blocchi meteorologici, che interessano la regione euroatlantica e l’Europa mediterranea, hanno ampiamente indagato M. Montalto, M. Conte, e M. Urbani, realizzando un’interessante climatologia del fenomeno.Posta l’attenzione sulle situazioni dinamicamente più stabili e caratterizzate quindi da una maggiore persistenza, come risultano essere i blocchi bicellulari composti da cella anticiclonica calda posizionata a Nord e cella depressionaria fredda posizionata più a Sud, in un allineamento meridiano o quasi, gli autori ne hanno descritto gli aspetti climatici principali, come la genesi, la durata e il dissolvimento, posizionandoli inoltre geograficamente nell’ampia regione euroatlantica.

Va specificato a questo punto che per blocco a bicella si intende un tipo di circolazione atmosferica rispondente alle seguenti caratteristiche di base:

a) la corrente zonale della media Troposfera è suddivisa in due rami aventi ciascuno una spiccata componente meridiana: la prima verso Nord, la seconda verso Sud;
b) a levante di tale biforcazione compare un’ampia zona a struttura cellulare, caratterizzata a Nord da una o più celle di alta pressione e a Sud da una o più celle di bassa pressione, allineate o quasi in senso meridiano;
c) al blocco della circolazione nella media Troposfera corrisponde, nelle zone sottostanti la sua zona centrale, assenza di circolazione oppure una circolazione inversa (da Est verso Ovest) rispetto a quella normale.

Fatta questa necessaria specificazione, si espongono gli aspetti di maggior spicco, emersi dallo studio di 116 situazioni di blocco che gli autori sopraccitati hanno selezionato nel ventennio 1951-1970. Un primo aspetto che emerge dall’indagine è che questi sistemi circolatori assumono in genere un carattere oscillatorio di posizione (si considera come posizione di riferimento la biforcazione delle correnti) e cioè: insorgenza in una data posizione che si pone con massima frequenza intorno a 18° di longitudine Ovest, segue un periodo di moto retrogrado (7-8 gradi di longitudine) e un periodo di avanzata verso Est prima del dissolvimento del sistema (6-7 gradi di longitudine). Limitatamente ai sistemi di blocco con durata superiore ai 5 giorni (in genere quelli che si formano sul mare), l’indagine ha evidenziato una frequenza massima in corrispondenza alla durata di 7 giorni e una durata media di 10.5 giorni; la distribuzione di frequenza del fenomeno risulta contenuta in gran parte nell’area con durata inferiore agli 8 giorni. È stato rilevato inoltre che i casi, che vanno a comporre la frequenza massima di 7 giorni, si riscontrano particolarmente nelle stagioni di transizione e che le durate superiori ai 20 giorni si presentano esclusivamente nel primo semestre dell’anno, con preferenza per i primi tre mesi.


Per quanto riguarda la durata del fenomeno è stato osservato in sintesi quanto segue:

a)la durata della situazione di blocco è legata alla regione di formazione, che in genere è contenuta nell’area compresa fra 40° di longitudine Est e 70° di longitudine Ovest;
b)le situazioni originatesi sulle regioni oceaniche sono più persistenti di quelle continentali;
c)le situazioni di blocco più durature si verificano di preferenza in pieno autunno e soprattutto dall’inverno all’estate; quelle meno durature ricorrono invece più facilmente in piena estate e in pieno inverno;
d)i periodi di massima e più duratura attività dei sistemi di blocco hanno indicato, nel periodo considerato dall’indagine, un andamento biennale con preferenza per gli anni dispari.

Sull’insorgenza e dissolvimento delle situazioni di blocco sono emerse infine alcune interessanti particolarità, che possono riassumersi brevemente come segue:

a)i sistemi dai quali derivano le situazioni di blocco (onde lunghe a grande ampiezza nella fascia di correnti occidentali) sono soggetti prevalentemente ad una decisa inclinazione verso Est, tale da orientare gli assi dei sistemi stessi da Nord-Est a Sud-Ovest;
b)i vortici ciclonici sembrano avere una funzione predominante nella genesi delle situazioni di blocco (nel sistema spesso si forma per prima la cellula ciclonica); quando la cellula anticiclonica si forma per seconda, essa proviene preferibilmente da configurazioni da Ovest;
c)il dissolvimento delle situazioni di blocco avviene per una delle cause seguenti: attenuazione della cellula anticiclonica (caso più frequente), colmamento della cellula depressionaria, penetrazione di una corrente ad alto indice zonale nel sistema di blocco, intervento del vortice della Groenlandia.


Data della
alluvione

Valore di
K

Data della
alluvione

Valore di
K

19.11.52

---

25.10.57

27

26.10.43

---

10.11.57

26

26.10.54

24

22.11.57

26

24.01.55

29

01.03.58

20

26.02.56

22

15.04.58

23

25.03.56

22

26.10.59

30

29.04.56

27

17.02.60

20

13.11.56

23

06.01.61

21

01.12.56

29

12.01.61

25

17.01.57

20

19.10.61

30

26.03.57

26

30.10.61

25

02.10.57

35

14.11.61

24

05.10.57

33

26.10.64

26


Al fine di indicare un metodo obiettivo e relativamente semplice per definire con qualche anticipo le regioni del territorio nazionale interessabili da intense ed estese precipitazioni, S. Palmieri e C. Finizio, sono pervenuti ad una interessante sintesi di informazioni desunte dallo studio di numerose situazioni alluvionali precedenti che possono ritenersi utili in sede previsionale, ad integrazione delle tecniche operative usuali.In particolare gli Autori hanno esaminato gli aspetti che legano le aree di intensa precipitazione con la posizione geografica delle perturbazioni responsabili e con l’orientamento delle isoterme nei bassi strati, correlando inoltre l’intensità degli apporti pluviometrici con i valori di un indice che considera parametri rivelatisi molto importanti in tali situazioni quali: gradiente termico verticale, contenuto di vapore nella bassa atmosfera, vicinanza dell’aria alla saturazione. Rimandando al lavoro originale, che fra l’altro si completa con la presentazione di un metodo statistico-decisionale di preallarme per le situazioni alluvionali, quanti sono particolarmente interessati all’argomento, si limita in questa sede l’esposizione alla sola parte meteorologica dello studio, riportando con la necessaria sintesi i principali aspetti trattati e i risultati ottenuti.

Utilizzata per lo sviluppo dell’indagine la topografia di 850 hPa, perché più vicina al suolo e più idonea ad evidenziare gli effetti orografici di maggiore spicco, e considerando che fenomeni particolarmente intensi ed estesi risultano in genere connessi a perturbazioni associate a depressioni ben individuate, è stato assunto per ogni situazione studiata un sistema di assi con origine posta al centro della depressione responsabile. Per considerare la distribuzione della temperatura è stata definita la direzione dell’isoterma media passante per l’origine; questa determinazione è stata effettuata unendo i due punti di intersezione dell’isoterma media con un cerchio con centro nell’origine degli assi e raggio pari a 5° di latitudine. La retta ottenuta, orientata in modo tale da lasciare l’aria fredda alla sua sinistra, è stata assunta come asse Y; l’asse X è stato determinato di conseguenza. Il piano delimitato dal sistema di assi è stato suddiviso in riquadri di 150 chilometri di lato. È stato inoltre calcolato un indice che, costruito con alcuni parametri atmosferici risultati empiricamente e fisicamente molto importanti in situazioni associate a perturbazioni particolarmente violente, come dimostrato da molte ricerche, fornisce un’idea sulla probabilità che una perturbazione possa assumere carattere alluvionale. L’indice, ottenuto dalla combinazione aritmetica dei parametri suddetti, è il ben noto K-INDEX:

K-index = (T850 - T500) + Td850 - DELTAT700 

dove la differenza di temperatura fra i livelli di 850 e 500 hPa può ben rappresentare il gradiente termico verticale; il contenuto di vapore della parte bassa dell’atmosfera può essere mediamente indicato dal punto di rugiada a 850 hPa (Td850); la vicinanza alla saturazione può essere mediamente indicata dal punto di rugiada a 700 hPa (Td500).

La tabella sopra indica i valori assunti da K utilizzando il campione di situazioni alluvionali considerato. Limitando l’applicazione del metodo ai casi in cui una perturbazione (depressione o saccatura negli strati bassi) è prevista ad una distanza, misurata sopravvento rispetto alle correnti direttrici, di circa un migliaio di chilometri da una qualunque regione italiana, si può procedere a localizzare l’area interessabile da intense e diffuse precipitazioni. Determinata l’origine degli assi come indicato in precedenza, sovrapponendo alla Topografia prevista di 850 hPa un trasparente corredato di grigliato e cerchio B, si localizza l’area geografica in cui è presumibile la maggior probabilità di precipitazioni intense e diffuse.Per il calcolo dell’indice K, non essendo all’epoca disponibili campi previsti di umidità dell’aria, gli autori hanno considerato per questa grandezza i campi attuali, utilizzando invece per geopotenziale e temperatura la Topografia di 850 hPa prevista a + 12 ore, ritenuta molto attendibile.

Un interessante esempio di applicazione del metodo proposto dagli autori, è quello che propone tre momenti della situazione alluvionale occorsa nel Novembre 1966, esposta nelle figure successive. Oggi che la modellistica numerica rende disponibili le previsioni di geopotenziale, temperatura e umidità dell’aria con buona attendibilità fino a 48-72 ore, è possibile anticipare maggiormente l’informazione e quindi gli eventuali allertamenti. Può risultare interessante inoltre confrontare i campi di precipitazione previsti dai modelli numerici (a circolazione emisferica e ad area limitata) con le aree geografiche ad intensa precipitazione ottenute con il metodo qui descritto.

Situazione sinottica del 2 Novembre 1966

Situazione sinottica del 3 Novembre 1966

Situazione sinottica del 4 Novembre 1966

Dall’alto in basso la situazione a 850 hPa rispettivamente
dei giorni 2-3-4 Novembre 1966 alle ore 12 TMG. Le aree
fittamente punteggiate rappresentano le zone di probabili
precipitazioni intense.

Considerazioni e conclusioni

Quanto è stato detto sta ad indicare con chiarezza come le alluvioni siano un fenomeno piuttosto ricorrente nel nostro paese, particolarmente nella stagione autunnale e come al loro verificarsi concorrano cause molteplici al di là del mero aspetto pluviometrico, che pure rimane causa principale e scatenante. Per quanto concerne le cause che ne sono all’origine, almeno sotto il profilo puramente meteorologico, risultano ben definite alcune caratteristiche situazioni sinottiche che sono all’origine di flussi aerei perturbati provenienti con persistenza dai quadranti meridionali (generalmente da Sud-Ovest). Al persistere di tali flussi umidi e temperati, concorre un particolare stato di blocco della circolazione atmosferica che, costituito dalla presenza di un anticiclone dinamico sulle regioni orientali, rallenta o addirittura arresta per più giorni consecutivi lo spostamento zonale delle perturbazioni.

La particolare configurazione orografica dell’Italia, caratterizzata dall’imponente arco alpino a Nord e dall’allineamento appenninico che si estende lungo l’intera penisola fino a concludersi in Sicilia con i monti Peloritani e le Madonie, si presta all’accentuazione dei fenomeni di Stau e quindi alla formazione e allo sviluppo di processi alluvionali, specialmente quando i flussi aerei provenienti dal Mediterraneo, attraversata una superficie marina molto mossa, raggiungono il nostro territorio carichi di notevoli quantità di vapore acqueo. La previsione di situazioni alluvionali è oggi sicuramente facilitata dalla disponibilità di campi meteorologici previsti con metodo numerico, la cui attendibilità nel breve termine si può ritenere sicuramente elevata. Non sempre però risultano definite, come richiesto, l’entità e la distribuzione delle precipitazioni in ambito territoriale e questo costituisce l’aspetto non ancora sufficientemente risolto dai modelli numerici. A tale carenza è tuttavia possibile rimediare, almeno in parte, con un’adeguata climatologia del fenomeno (quando questa è disponibile nella forma più appropriata) e con l’esperienza derivante da precedenti situazioni alluvionali. Gli strumenti operativi oggi disponibili, integrati con procedure dettate dalla pratica previsionale di tutti i giorni, costituiscono sicuramente una buona garanzia, anche se come è noto le alluvioni nel nostro paese non sempre sono conseguenti a condizioni meteorologiche eccezionalmente avverse. Alle cause meteorologiche sempre più spesso, infatti, si affiancano molteplici altre cause ambientali, che l’incuria e la non lungimiranza dell’uomo hanno reso in gran parte responsabili. Risulta altresì evidente come gli eventi alluvionali di maggiore intensità ed estensione trovino la massima probabilità di realizzazione in situazioni meteorologiche prematuramente invernali, quando cioè masse d’aria settentrionali già molto fredde intervengono sul Mediterraneo in circolazioni meridionali ancora estive. È il caso, per fare un esempio, della situazione che si è presentata nei primi giorni del Novembre 1966, allorquando il Veneto, la Liguria e soprattutto la Toscana sono state colpite da una grave alluvione, come ha avuto modo di osservare e descrivere A. Cicala in un suo interessante lavoro di quell’epoca. Oltre all’imponente effetto Stau prodotto dall’impatto con gli allineamenti orografici alpini ed appenninici di masse d’aria molto calde e molto umide provenienti dal Mediterraneo, in quella circostanza è andato ad assumere un ruolo determinante anche lo stato dei suoli coinvolti, già molto umidi o addirittura saturi per precedenti piogge verificatesi negli ultimi giorni del mese di Ottobre. Gli intensi apporti pluviometrici occorsi alcuni giorni dopo si sono quindi potuti riversare quasi al completo nei corsi d’acqua disponibili, contribuendo in tempi brevi a determinare piene eccezionali e gravi esondazioni successive. Due gli aspetti dunque che in sede di previsione delle alluvioni sarà bene tenere in opportuna considerazione, insieme naturalmente ai molti altri: lo stato dei suoli coinvolgibili in termini di umidità indotta da precedenti precipitazioni e lo stato della superficie del mare (in questo caso del Mediterraneo) responsabile principale del carico di vapore acqueo trasferibile attraverso il moto ondoso alle masse d’aria che dai quadranti meridionali raggiungeranno le regioni italiane.

Fine seconda parte. Vai alla prima parte sulla previsione delle situazioni alluvionali!

Tratto da un articolo di Gianfranco Simonini, AER, Dicembre ‘96.