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... ma i media confondono la Meteorologia con la Climatologia

Iceberg che si sciolgono?

Ci vengono i brividi, ma non per il freddo, bensì per i commenti che abbiamo ascoltato per radio, visto in TV e letto sui giornali riguardo l'ipotetico ritorno alla normalità climatica del nostro pianeta.

Basta un'abbondante nevicata sul nord Italia, un'area che in confronto alle dimensioni della terra è solo uno sputo, per mettere in discussione il riscaldamento globale, ormai in atto da decenni.

L'ignoranza fa miracoli e noi vogliamo pubblicare un bell'articolo del Dott. Tozzi (con cui siamo d'accordo punto per punto) il quale a nostro avviso mette un pò di ordine sull'argomento.

A cura del Dott. Mario Tozzi - La Stampa

Facendo una gran confusione fra tempo meteorologico e clima (come a dire tra giorni e secoli), gli inguaribili ottimisti del «tutto va bene» riprendono fiato in base ai dati del Centro di Ricerca sul Clima Artico dell’Illinois, che segnalano un aumento della superficie ghiacciata marina del Polo Nord nei mesi invernali del 2008. Si badi bene, per i primi mesi dell’anno passato lo stesso Centro aveva messo in luce una consistente riduzione del complesso dei ghiacci artici e, su tutta la Terra, i ghiacciai registrano complessivamente un deficit di un milione di kmq rispetto alle medie consolidate. E una scorsa, seppure veloce, al complesso dei dati strumentali (quelli più precisi degli ultimi trent’anni, effettuati attraverso i satelliti) rivela che i minimi estivi dei volumi di ghiaccio artico sono in costante riduzione, specialmente dal 2000 in poi.

Infine, nell’estate dello stesso 2008 si era toccato il secondo valore minimo di sempre dei ghiacci, dopo quello del 2007. Ma talmente forte è la voglia di liberarsi dal pensiero della crisi climatica e di giustificare la nostra colpevole inazione, che ci basta un dato isolato - riferito peraltro solo ai ghiacci marini, temporaneamente comunque in ripresa durante l’inverno - per dimenticare l’andamento generale, che resta ancora quello di un riscaldamento inarrestabile.

Non si aspetta nemmeno l’estate 2009 per avere comparazioni significative, dimenticando che, se pure quest’inverno si è formato più ghiaccio, ciò non vuole affatto dire che resisterà più a lungo e, in ogni caso, sarà la prossima estate a dircelo.

Anche nell’arco alpino i valori di fusione dei ghiacciai sono stati contenuti, ma comunque sempre negativi (fra -0,5 e -1 metro), in un quadro che resta comunque preoccupante, con record negativi ben vicini nel tempo (-2,5 metri nel 2003). Questo per tacere dell’unico ghiacciaio appenninico, quello del Calderone (Gran Sasso d’Italia), ormai praticamente scomparso. Le ragioni di una eventuale temporanea stabilizzazione del riscaldamento globale (ancora tutta da confermare) possono essere diverse: un calo dei venti avrebbe reso più facile la formazione dei ghiacci artici grazie alla neve accumulatasi al di sopra. E la corrente fredda dell’Oceano Pacifico (La Niña) può avere contribuito significativamente, senza scomodare la scarsità di macchie solari che potrebbero avere ridotto il flusso energetico dal Sole alla Terra.

Non si è certo ancora spenta l’eco del più recente stato di avanzamento dell’IPCC - dove si ricorda che il cambiamento climatico sarà «faster, stronger and sooner», cioè che avverrà più velocemente di quanto gli stessi scienziati avessero già previsto nel 2007 -, che, alla prima occasione, si avanzano conclusioni basate sulle sensazioni soggettive che sanno molto di ideologia. Vaglielo a dire ai cittadini della provincia veneta, piombati improvvisamente a -25°C, che quello appena passato è stato comunque il sesto anno più caldo degli ultimi decenni.

E raccontalo a una pubblica opinione assuefatta a sciocchezze come la «temperatura percepita» (la temperatura resta sempre quella, a prescindere dalle nostre personali percezioni, e - semmai - varia l’umidità, ma tutto fa brodo in un Paese scientificamente ignorante come il nostro) che il cambiamento climatico è misurato nell’arco di decenni e non variabile a ogni stagione. E che non si devono confondere fenomeni mediati statisticamente su lunghi periodi con l’opzione se dover prendere l’ombrello per uscire di casa la mattina oppure no. Non fa poi così caldo, deve aver pensato la rana un momento prima che l’acqua della pentola in cui era stata gettata arrivasse a bollire.